Non sembra esserci via di salvezza per gli operai dello stabilimento Whirlpool di Napoli: fallisce anche il nuovo piano industriale definitivo.
Fallisce così anche l’ultimo tentativo di reindustrializzazione dello stabilimento Whirlpool di Napoli. Lo fa sapere la società ADLER che in un comunicato dice che i motivi sono “la mancanza di requisiti di compatibilità urbanistica, la carenza di documentazione inerente l’agibilità, le problematiche ambientali del sottosuolo e la presenza di amianto”.
Il consorzio di imprese campane guidate dalla capofila Adler si tira indietro, tra la rabbia dei sindacati e delle istituzioni.
La Whirlpool dal canto suo afferma invece di aver fatto tutto il necessario assieme al Comune di Napoli, al Prefetto e al Ministero dello Sviluppo Economico per superare queste criticità, fornendo tutta la documentazione necessaria.
COSA È SUCCESSO ALLA WHIRLPOOL?
L’azienda Whirlpool nel mese di ottobre 2021 ha avviato la procedura di licenziamento collettivo dei lavoratori dello stabilimento di Napoli. Già nel 2018 c’erano stati primi segnali di difficoltà con una crisi scongiurata dal Governo e dal Ministro Di Maio con un accordo che prevedeva un investimento di 250 milioni da parte dell’azienda in cambio di cassa integrazione straordinaria tramite ammortizzatori sociali conservativi da parte dello Stato.
Ciò però non è bastato e infatti si è andati lo stesso verso la chiusura. Motivo di tale decisione è per la società “il drastico calo della domanda di lavatrici di alta gamma (Premium) a livello internazionale” e “un forte calo della produzione dello stabilimento di Napoli al di sotto del 30% della propria capacità produttiva, determinando così una situazione non più sostenibile dal punto di vista economico-finanziario per l’azienda”.
I lavoratori hanno avuto l’opportunità di accettare una buonuscita dal valore di 75000 euro o il trasferimento presso l’altra sede, in provincia di Varese. Il Governo, con gli allora ministri Giorgetti e Orlando, è intervenuto per scongiurare i licenziamenti, ma non facendo tutto quanto in proprio potere secondo i sindacati. Sono seguite dunque proteste, occupazioni e rifiuti, con la politica che invece andava avanti con proclami e “festeggiamenti” per la missione, a detta loro, compiuta.
“Noi non vogliamo le parole, quelle le porta via il vento. Noi vogliamo i fatti” è invece quello che gridano a gran voce ancora gli ex operai della Whirlpool.
LE SOLUZIONI SUL TAVOLO
Come già detto in precedenza, per gli operai si sono manifestate dunque le due alternative: quella della buonuscita o del trasferimento.
I sindacati si sono battuti a lungo per una reindustrializzazione o una vendita dell’azienda, nella speranza di salvare tutte le posizioni lavorative.
Ci sono stati in effetti avvicinamenti di altre multinazionali del settore come la “Prs”, Passive refrigeration solutions, sconosciuta start-up di frigoriferi ad alta tecnologia con sede a Lugano che aveva mostrato particolare interesse, ma in definitiva si sono rivelate solo speculazioni.
Altri compratori non sono stati trovati.
E’ poi subentrato il ministro Patuanelli all’ex Di Maio, ereditando così questa “patata bollente”. Anche lui ha mostrato interesse e cercato soluzioni dando mandato a Invitalia di avviare una analisi dettagliata dei dati forniti da Whirlpool per la ricerca di una nuova azienda. All’incirca un mese dopo è però scoppiata la pandemia. Invitalia ha cominciato così a occuparsi di altro come mascherine, gel igienizzanti e app anti-contagio. Mentre la Whirlpool, raccontano i sindacati, quattro mesi dopo non aveva ancora fornito la
contabilità richiesta.
WIRLPOOL: LA SITUAZIONE OGGI
Con il consorzio di imprese guidate da ADLER che rinuncia, se ne va un’altra speranza per il sito di Via Argine. Per alcuni è anche colpa della caduta del Governo, andando a pregiudicare un piano di sviluppo da 40 milioni di euro per reindustrializzare la fabbrica.
All’orizzonte non sembrano esserci altre soluzioni. Superata la pandemia, adesso sta per abbattersi anche la crisi energetica conseguenza del conflitto Russia-Ucraina.
L’Esecutivo Draghi sta pensando infatti a misure per evitare sprechi e razionare le fonti energetiche, come la chiusura anticipata degli stabilimenti produttivi.
Un’ipotesi che rappresenterebbe una pietra tombale su uno stabilimento in forte perdita come Whirlpool e che metterebbe inesorabilmente la parola fine a questa triste vicenda.
Ma Napoli non si arrende e le manifestazioni coinvolgono l’intera nazione: “E’ una questione che riguarda tutti i lavoratori del gruppo e il loro futuro. Salvare Napoli è salvare Whirlpool. Non consentiremo che la vertenza venga dimenticata. Serve investire nell’industria italiana e nell’industria che porta lavoro in Italia” ha dichiarato lo scorso giugno la segretaria nazionale della Fiom-Cgil e responsabile del settore elettrodomestico, Barbara Tibaldi.
Carmela Fusco
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