Capitolo 2: Otello
Spesso, molto spesso, anche diverse volte nell’arco di un mese, nei pressi della mia locanda sostavano carovane colme di uomini e donne di ogni razza e ceto sociale, provenienti da ogni luogo e da ogni dove. Inutile dirvi, miei buoni signori, che ero molto lieto quando questo si verificava, perché il loro soggiorno, anche se per breve tempo, rappresentava un copioso incremento dei miei affari. E un oste che fatica per guadagnarsi la pagnotta cosa può chiedere più di questo? Ma, tra tutti gli uomini che giunsero con un corteo di carrozze e cavalieri e che trovarono ristoro nella mia bettola, uno più di tutti rimase impresso nella mia memoria. Il suo nome era Otello, il moro. Come sempre accadeva durante l’ora del pasto del mezzodì, anche quel giorno la mia taverna era un brulicare di donne e uomini intenti a svuotare sia i loro piatti sia i loro boccali. Risa e schiamazzi si udivano in ogni tavolo ed io pure, quel dì, mi sentivo l’animo più allegro del solito. Fu soltanto quando fecero il loro ingresso quattro bizzarre figure che nella sala scese il silenzio. -Largo largo fate passare Otello, comandante dell’esercito veneziano!- . Colui che aveva parlato precedeva gli altri tre di qualche passo. Era un uomo di bell’aspetto, non si poteva negare, ma nonostante ciò c’era un qualcosa in lui che ad impatto non mi piacque. Mi feci tuttavia avanti per accogliere quelli illustri ospiti. -Accomodatevi, miei buoni signori e benvenuti nella mia umile locanda! Chi ho l’onore di dover servire?- . L’uomo di bell’aspetto mi sorrise con un mezzo sorriso sghembo che, aimè servì solo ad accentuare la mia antipatia nei suoi confronti, signori miei! -Io sono Iago, mio buon oste. Alfiere e fedele amico del qui presente Otello e della sua bellissima moglie Desdemona. E loro che avete l’onore di servire!- e voltandosi verso il gruppetto fece un’ ossequioso gesto col capo. Oh, miei buoni signori, non riesco ad esprimere a parole la mia meraviglia quando questo tale Otello avanzò! Non fu per il colore della sua pelle (non era certo il primo moro che vedevo in vita mia!), ma c’era un qualcosa di così autorevole nella sua figura da suscitare in me un profondo e automatico rispetto. -Salve buon uomo- mi salutò con cortesia. -Mi duole giungere così senza preavviso nella vostra locanda, ma fuori ho una dozzina di uomini che aspettano di essere rifocillati e non si dica mai che il loro comandante si trastulla mentre loro rimangono con gli stomaci vuoti!- . Come non si può, miei affezionati e gentili signori qui riuniti, non provare un’automatica simpatia per un capitano che mette il benessere dei suoi soldati prima del suo? -Provvedo subito mio signore!- risposi immediatamente. Il moro abbassò il capo in segno di ringraziamento e si rivolse all’uomo alla sua destra. -Mio buon Cassio saresti così gentile da avvisare le truppe che presto sarà servito loro da mangiare e da bere, così che anche loro si possano rifocillare?- . Quel tal Cassio mi fece anch’egli una buona impressione con quel suo buon viso franco e onesto, ma scomparve per raggiungere il resto della truppa prima che ci fossimo scambiati la qualsiasi parola. -Vieni amor mio. Accomodiamoci in quel tavolo- . Pronunciando tali parole il moro si rivolse alla donna al suo fianco. -Vi presento mia moglie Desdemona, mio buon oste- aggiunse poi rivolto a me. Mai, signori miei, mi ricapitò di rivedere nella mia vita una moglie che guardava suo marito con occhi così adoranti! Sembrava non contemplasse il suo sposo, ma il Cristo in persona! La donna si rivolse a me con un sorriso gentile. -E’ un piacere fare la vostra conoscenza- . Poi mi chiese se era possibile rinfrescarsi in qualche stanza. Le indicai una stanzetta nel retrobottega e chiesi ad una cameriera di accompagnarla. Quando si fu allontanata vidi il marito seguirla con sguardo vigile e attento. Iago, che ne frattempo si era accomodato accanto al moro, rise di ciò e continuando a sorseggiare il suo bicchiere di vino, commentò: -Aimè le belle mogli sono il cruccio dei loro mariti!- , con finto tono di rammarico. A quella esclamazione non riuscì a non replicare, miei signori, fu più forte di me! -Mi permettete di dissentire mio buon signore! Le belle mogli non dovrebbero essere il cruccio dei loro mariti, ma invece il loro vanto!- . L’onesto Iago (così avevo sentito il moro rivolgersi a lui parecchie volte!) non commentò quella mia intromissione e si limitò a inarcare verso l’alto le sopracciglia, come a dimostrarmi che del mio parere non gli importasse proprio nulla. Questo non fece che far aumentare la mia avversione nei suoi confronti, ma aimè, era pur sempre un mio cliente e finché si trovava all’interno della mia locanda dovevo a lui il mio rispetto. Decisi quindi di dedicare la mia attenzione all’altro mio ospite, che nel frattempo era rimasto in silenzio. -Voi che ne pensate, mio signore?- gli chiese sinceramente curioso di udire la sua risposta. Udita la mia domanda, il moro alzò lo sguardo sorridendo e si rivolse a me con tono reverente. -Mio buon oste, poco importa la bellezza se questa non è accompagnata dalla virtù! Il buon Dio mi ha concesso una moglie che in sé possiede entrambe e mi auguro di continuare ad essere per lei un buon marito così come voglio che lei continui ad essere per me una buona moglie. Nemmeno l’altissimo può immaginare le follie che sarei capace di compiere per amore- . Non aveva nemmeno finito di esprimere il suo parere il moro, che già la sua bella moglie era tornata al suo fianco, guardandolo con quel suo sguardo adorante. Che strana e meravigliosa coppia, in quel momento, pensai di avere d’avanti! Solo guardarli agli occhi davan piacere. Lei così modesta e devota, lui così forte e protettivo, sembravan completarsi a vicenda. Mai in vita mia mi capitò di vedere una coppia migliore. Proprio in quel frangente vidimo avanzare verso di noi Cassio, il luogotenente, rientrato per avvisare che il corteo era ormai pronto per ripartire. -Era ora mio buon Cassio!- sbottò l’onesto Iago, alzandosi con fare stanco. -Tutte queste ciarle mi hanno fatto venir male al capo!- . Cercai, amici miei, di ignorare quell’ultima frecciata che quella lingua di vipera aveva lanciata e in cuor mio mi domandai come Otello e la sua Desdemona potessero tollerare la sua presenza, ma vi confesso che se fosse toccato a me decidere della sua sorte lo avrei fatto imbavagliare già da molto, molto tempo! Ma proprio quando fummo giunti nel cortile vidi cadere dalle mani della giovane sposa un fazzoletto finamente ricamato. Non ebbe nemmeno il tempo, la bella fanciulla, di inchinarsi per recuperare quel prezioso così malamente cadutogli, che già il buon Cassio con fare galante l’aveva prontamente recuperato e mentre sorridendo glielo porgeva, vidi nello sguardo dell’onesto Iago qualcosa di simile ad un maligno lampo, che subito scomparve. Un brivido, signori miei, un brivido, sentì attraversarmi tutto il corpo non appena il corteo si fu allontanato. Sperai con tutto il cuore che quello non fosse un triste presagio di qualche sventura, ma aimè miei buoni amici, dopo anni vi confesso che mai in tutta la mia vita potei scordare l’intensità di quello sguardo di odio che l’onesto Iago nel cortile cercò di occultare.
No responses yet