USA Archivi - La Voce del Sud https://www.lavocedelsud.org/tag/usa/ “Se si sogna da soli, è un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia. ” Sat, 01 Oct 2022 09:02:28 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 199277288 Taiwan, l’isola che non c’è https://www.lavocedelsud.org/taiwan-lisola-che-non-ce/ Sat, 01 Oct 2022 10:00:01 +0000 https://www.lavocedelsud.org/?p=4429 Sale la tensione a livello internazionale tra Cina e Usa sul destino dell’isola di Taiwan Taiwan – nota anche come isola di Formosa o la Taipei cinese – ormai da anni rappresenta il centro della competizione indo-pacifica tra Cina e Stati Uniti. Negli ultimi anni la Cina, tra incursioni aeree nei suoi cieli ed emersioni […]

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Sale la tensione a livello internazionale tra Cina e Usa sul destino dell’isola di Taiwan

Taiwan – nota anche come isola di Formosa o la Taipei cinese – ormai da anni rappresenta il centro della competizione indo-pacifica tra Cina e Stati Uniti. Negli ultimi anni la Cina, tra incursioni aeree nei suoi cieli ed emersioni di sottomarini nucleari, ha alzato il livello di tensione con gli Stati Uniti. Pechino considera l’isola suo territorio nazionale dal 1945 e vuole annetterla, gli Usa si oppongono.

La storia dell’isola con tre nomi

La storia di Taiwan, è frutto di continue contese e colonizzazioni. Si tratta di una piccola isola subtropicale situata tra Mar Cinese Meridionale, Orientale e oceano Pacifico.

La “Ilha Formosa” (isola bella), così battezzata dai portoghesi, in origine era abitata da popolazioni indigene di origine austronesiane, probabilmente arrivate lì dalla Cina meridionale. Colonizzata dagli olandesi nel XVII secolo, fu poi conquistata nel 1662 della Cina, ma dopo la prima guerra sino-giapponese nel 1895, fu ceduta al Giappone con il Trattato di Shimonoseki. L’occupazione giapponese terminò nel 1952 e Tokyo rinunciò formalmente ad ogni diritto su Taiwan e le isole Penghu.

Con la seconda guerra mondiale Taiwan ritorna alla Cina con il beneplacito dei suoi alleati, Stati Uniti e Regno Unito. Nel 1949, in Cina, Mao Zedong prese il potere e portò a termine la rivoluzione comunista.

Migliaia di cinesi – guidati da Chiang Kai-shek, leader del partito nazionalista – fuggirono a Taiwan.

Qui presero il controllo dell’isola in modo violento e autoritario, si autoproclamarono come vera repubblica di Cina e dichiararono di voler riprendere possesso della Cina continentale e persino della Mongolia. Fino al 1971 gli Usa hanno considerato questa terra la Cina “ufficiale” e, di fatti, fu proprio Taiwan a far parte dell’ONU.

Dopo il 1971, la Cina prende il sopravvento a livello diplomatico, venne riconosciuta e pretese che Taiwan fosse disconosciuto perché provincia ribelle (Taiwan è di fatto uno Stato ma è riconosciuto, attualmente, solo da 15 paesi).

Questione economica o ideologica?

Per la Cina è una questione ideologica, infatti il partito comunista vorrebbe annettere l’isola entro il 2049, a 30 anni dalla nascita della repubblica popolare. Taiwan è l’ultimo tassello per completare la riunificazione del Paese. Ma, ovviamente a livello militare ed economico, l’isola permetterebbe alla Cina di aumentare la sua influenza militare sull’oceano Pacifico ottenendo il totale controllo dell’area.

Ma perché Taiwan conta così tanto sullo scenario geopolitico internazionale e qual è il suo peso strategico?

Taiwan rappresenta un’isola strategica per lo sviluppo tecnologico globale e uno dei principali hub manifatturieri globali del mondo – il 60% dei volumi commerciali internazionali transita sul territorio- oltre a essere il principale produttore di semiconduttori, fondamentali nell’industria tecnologia e industriale come la telefonia e l’elettronica.

Ricordiamo che a Taiwan ha sede centrale il colosso Foxconn, il più grande produttore di componenti elettrici e di elettronica per Apple. Inoltre le fonderie taiwanesi producono quasi i due terzi (circa il 64%) dei microchip del mercato mondiale.

L’isola che non c’è – come l’ha definita Giorgio Manganelli nel resoconto del viaggio che fece lì nel 1988 per girare un documentario – porta con sé il fardello della complessità degli equilibri tessuti con il resto del mondo ma anche tanta fragilità.

Loredana Zampano

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Attacco alla libertà https://www.lavocedelsud.org/attacco-alla-liberta-corte-suprema-usa-abolisce-il-diritto-all-aborto/ Sat, 02 Jul 2022 10:00:42 +0000 https://www.lavocedelsud.org/?p=3225 Ribaltata la sentenza Roe vs. Wade che da cinquant’anni garantiva il diritto di aborto: ogni Stato potrà legiferare sul diritto all’aborto e introdurre restrizioni fino ad abolirlo del tutto

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Corte Suprema USA abolisce il diritto all’aborto. Ogni Stato potrà legiferare autonomamente

Attraverso queste parole: “La Costituzione non conferisce il diritto all’aborto”, la Corte Suprema USA ha soppresso la sentenza Roe vs. Wade – che garantiva l’aborto legale a livello federale nel Paese.

La maggioranza conservatrice, che domina la Corte Suprema, trascina così gli Stati Uniti indietro nel tempo, abolendo mezzo secolo di lotte per i diritti sessuali e riproduttivi delle donne.

Ma che cos’è la sentenza Roe vs. Wade?

Si tratta di un processo del 1973 legato alla texana Norma McCorvey (per privacy Jane Roe). La ragazza a 16 anni aveva sposato un uomo violento e dopo aver avuto due figli aveva espresso la volontà di non far nascere il terzo. Henry Wade, invece, era l’avvocato che rappresentò la parte avversa (lo Stato del Texas) nel processo. Alla fine della causa, in maggioranza i giudici garantivano l’aborto a livello federale. La sentenza Roe vs Wade ha delineato, per cinquant’anni, un fondamento del movimento abortista, una pietra miliare nella giurisprudenza statunitense sull’aborto.

Cosa è successo in America e cosa cambia dopo la decisione della Corte Suprema?

Pochi giorni fa, il 24 giugno, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che ogni stato americano può limitare o vietare l’interruzione volontaria di gravidanza sul proprio territorio. Interessante è che il ribaltamento della sentenza Roe vs. Wade rappresenta, per di più, una conseguenza del fatto che durante il suo mandato Trump era stato in grado di far eleggere, alla Corte Suprema, numerosi giudici di orientamento conservatore.

Già a inizio maggio, un sito di news americano aveva diffuso in anteprima la notizia attraverso la bozza di un documento interno della Corte Suprema.

Secondo il Guttmacher Institute, 26 Stati sarebbero già pronti, in assenza di questa legge, a vietare l’aborto, lasciando circa 25, 5 milioni di donne in età riproduttiva senza tutele. Molti Stati infatti hanno già pronte leggi che entreranno immediatamente in vigore.

Alabama, Arkansas, Idaho, Kentucky, Mississippi, Texas hanno già dichiarato di voler rendere illegale la pratica. Lo Stato di New York, la California e l’Oregon assicurano la continuità del diritto all’aborto cosi come lo stato di Washington.

Con questa sentenza gli USA diventano uno dei quattro Paesi, insieme a Polonia, El Salvador e Nicaragua, che negli ultimi vent’anni hanno ridimensionato il diritto all’aborto.

Aborto, l’Italia è così distante dagli Stati Uniti?

La decisione della Corte Suprema, ovviamente, ha fatto grande scalpore, riaccendendo il dibattito anche in Italia.

Nel nostro Paese dal 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza – nei primi 90 giorni dal concepimento – è tutelata dalla legge 194. Sebbene la legge italiana garantisca questo diritto da più di quarant’anni, il 67% dei ginecologi, il 43,5% degli anestesisti e il 37% del personale non medico è obiettore di coscienza.

La legge c’è ma resta una strada piena di ostacoli

In alcune Regioni riuscire ad accedere all’aborto in maniera dignitosa è difficile o addirittura impossibile.

Spesso lo stigma nei confronti della paziente da parte del personale medico rende l’operazione umiliante, dolorosa e lesiva della dignità della persona.

Non mancano i racconti di donne che hanno dovuto attendere per settimane per poi essere insultate e colpevolizzate al momento dell’intervento.

Milioni di persone in tutto il mondo sono scosse dopo la sentenza americana. Trovare le parole per descrivere lo sconforto provocato da questa decisione sconcertante è complesso.

Dobbiamo realizzare che il cammino per i diritti non è mai un percorso semplice e non bisogna dare per acquisiti i risultati positivi ottenuti negli anni. Tutto sembra non avere una fine. Ancora oggi punti cardine della nostra società vengono continuamente messi in discussione col rischio di fare un passo indietro ogni giorno. Il paradosso è che tutto è avvenuto e sta avvenendo in quella che viene definita “la più grande democrazia del mondo”.

Loredana Zampano

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“Di’ la verità anche se la tua voce trema” https://www.lavocedelsud.org/di-la-verita-anche-se-la-tua-voce-trema/ Tue, 03 May 2022 10:00:00 +0000 https://www.lavocedelsud.org/?p=2672 La libertà di stampa è il termometro di una società democratica e il giornalismo non è un crimine. Il 3 maggio ricorre la giornata mondiale della libertà di stampa istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1993.Rappresenta una delle fondamentali libertà dell’individuo ed è sancita dall’articolo 21 della Costituzione Italiana che cita testualmente: “Tutti hanno […]

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La libertà di stampa è il termometro di una società democratica e il giornalismo non è un crimine.

Il 3 maggio ricorre la giornata mondiale della libertà di stampa istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1993.
Rappresenta una delle fondamentali libertà dell’individuo ed è sancita dall’articolo 21 della Costituzione Italiana che cita testualmente: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

Illustrazione di Ilaria Longobardi (@dallamiap.arte)

Nella classifica Rsf 2021 (Reporter senza frontiere) l’Italia è al 41° posto contrassegnata con il colore giallo, che starebbe a indicare la situazione come “abbastanza buona”. Una posizione che risente non di una presenza ingombrante della censura, ma si legge sempre nel rapporto di Rsf che: «il problema maggiore per i giornalisti sono i negazionisti del coronavirus – schiera che raccoglie guerriglieri urbani, attivisti «no mascherine», neofascisti, teppisti, «anarchici» e infiltrati dalla criminalità comune – che di norma minacciano e attaccano fisicamente i reporter». I venti giornalisti sotto scorta nel nostro Pese sono infatti la dimostrazione di quanto sia difficile svolgere questo mestiere in totale libertà, come invece dovrebbe essere in uno Stato libero e garantista come quello italiano.

Sempre Rsf, nel 2021, ha affermato che il giornalismo sia il vaccino della disinformazione, che viene tutt’oggi però ostacolato in oltre 131 Paesi.

Da quando è iniziata la Guerra in Ucraina, poi, non sono mancate le forti oppressioni e conseguenti censure da parte della Russia che hanno destato nell’Occidente molte polemiche, senza forse ricordare che già lo scorso anno la Russia fosse al 150° posto a causa della sua repressione nei confronti dei sostenitori di Alexei Navalny, giornalista che più volte aveva documentato la corruzione in Russia e attaccato direttamente Vladimir Putin.

Nelle ultime settimane si è invece tornato a parlare di Julian Assange riaprendo la discussione che ci porta a riflettere su quanto in realtà l’Occidente non sia poi tanto diverso dai Paesi che sono stati classificati come “Cattivi” o “Pessimi” (Russia, Hong Kong, Nord Corea, Eritrea…).
Lo scorso 20 Aprile infatti la corte dei magistrati di Westminster ha firmato un’ordinanza che conferma l’allarmante passo successivo contro il fondatore di Wikileaks (organizzazione senza scopi di lucro che riceve da parte di utenti anonimi documenti di carattere governativo o aziendale e curata da giornalisti, scienziati, attivisti): per Assange è stato emesso l’ordine formale di estradizione negli Stati Uniti e rischia fino a 175 anni di carcere con 18 accuse relative alla pubblicazione da parte di Wikileaks nel 2010 di centinaia di migliaia di documenti militari e diplomatici trapelati, denunciando crimini di guerra e violazioni dei diritti umani. L’udienza è durata pochi minuti ed ha rimandato la decisione finale al Ministro degli Interni inglese Priti Patel.
Agnès Callamard, Segretaria Generale di Amnesty International, ha affermato a tal proposito che: «L’estradizione di Assange avrebbe conseguenze devastanti per la libertà di stampa e per l’opinione pubblica, che ha il diritto di sapere cosa fanno i governi in suo nome. Diffondere notizie di pubblico interesse è una pietra angolare della libertà di stampa» aggiungendo anche che tale sentenza potrebbe rappresentare un pericolo a tutto il mondo dell’informazione costringendo i giornalisti “a guardarsi le spalle”.

Alla data odierna, sempre secondo Rsf, i giornalisti uccisi a partire dal 1° gennaio 2022 in tutto il mondo sarebbero 23, mentre quelli in carcere addirittura 459. Un dato che risente anche del recente conflitto in Ucraina, dove il numero di feriti e vittime tra gli operatori dell’informazione è in continuo aggiornamento: fino ad ora i giornalisti uccisi sono 7 e quelli feriti dai colpi dei militari 11.

Regimi totalitari, pandemia e guerra sono dunque le ultime sfide che stiamo affrontando e adesso come non mai il diritto all’informazione può aiutarci a sconfiggere questi nemici. Il nostro compito, da cittadini democratici, è quello di sostenere la stampa libera in modo da poter tutelare tutte le libertà che faticosamente abbiamo conquistato nella nostra storia.
Di sicuro questo non è il momento di fermarsi!

Carmela Fusco

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