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]]>Nello specifico parliamo di un medico del Santa Corona di Pietra Ligure, nella riviera savonese.
Il danno economico arrecato alle tasche dell’Asl2 è di più di 15 mila euro per risarcire l’ex professionista dalle condizioni sottopostogli.
Il medico richiede il processo esponendo le sue condizioni avanzate a seguito dell’eccessivo lavoro svolto, ai mancati riposi e in parte inferiore, il danno biologico, relativi a postumi permanenti e invalidità temporanea in seguito alla malattia psichica sviluppata appunto dal costante stato di stress accumulatosi nel tempo: ansia, stress e depressione.
Il problema sorge in primis dalle condizioni lavorative del personale dipendente, che pian piano versava in condizioni sempre più critiche. Come in molti posti di lavoro, le regole relative a orari e mansioni venivano sempre meno rispettate, ponendo un’accento di abitualità sempre più ricorrenti ad esse, e dove il dovere veniva messo sempre più in alto rispetto a qualsiasi diritto del lavoratore.
In particolare nell’Ospedale di Santa Corona, oggetto di questa sentenza, non veniva rispettata la durata obbligatoria delle ore di riposo del personale.
Lo stesso medico comprende che un’altra motivazione principe del suo stress sia la mancanza di personale. Il risultato è, come osserviamo nella maggior parte di ospedali pubblici, una qualità molto bassa delle prestazioni, dell’attenzione e delle cure fornite ai pazienti.
Nel lungo termine questo fattore porterà – e lo sta portando tuttora – incrementando delle prestazioni presso attività private, che forniscono servizi migliori e tempi di attesa ottimali.
Sarà possibile rimettere in piedi una sanità pubblica che si sta sgretolando?
Sarebbe necessario ristabilire e ridefinire la sua organizzazione e struttura, con delle divisioni salde e ben gestite, una quantità di personale sanitario che sia proporzionale al numero di pazienti, che possa ricevere i giusti compensi dovuti nel rispetto di ogni norma.
Osservando la situazione economica del paese e osservando la distruzione dei finanziamenti, le uniche cose che ci si può aspettare sono, nel peggiore dei modi, il crollo dell’attività sanitaria mentre una visione più utopica vorrebbe un governo che ristabilisce le attività carenti ed essenziali e dia loro sostegno.
Il medico, protagonista di questa vicenda, racconta di alcune sue esperienze all’estero, nelle Honduras in particolare, ove seppur le condizioni economiche locali non fossero migliori rispetto a quelle italiane, la pressione quotidiana non avendo le medesime caratteristiche ha permesso al suo livello di stress, ansia e depressione di regredire fino alla loro scomparsa.
Nei mesi successivi a questa esperienza il medico si è recato anche in zone di guerra come l’Ucraina e Gaza.
In contesti come questi ultimi la mole di lavoro può essere la stessa e talvolta anche maggiore rispetto a quella prestata nelle Asl citate in giudizio ma se quest’ultima viene gestita con un approccio personale, gestendo le proprie necessità con diligenza, quella che in un ambiente oppresso può dar luogo a pressione psicologica, in altre realtà può dà luogo a gratitudine, soddisfazione e benessere personale.
Elena Zullo
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]]>Occorre, inoltre, puntualizzare che il Meridione non è da solo, come spesso si pensa.
Il ministro della Sanità, Roberto Speranza, ha recentemente affermato che “i fondi Ue ci aiuteranno
a ridare la salute al Sud. I tagli nella sanità sono il passato”. Nato a Potenza, il ministro manifesta
la sua vicinanza al Meridione affermando anche “il servizio sanitario nazionale è il bene più
prezioso che abbiamo e non deve lasciare indietro nessuno. Per la prima volta nella storia della
programmazione delle risorse europee, il nostro Paese ha un programma operativo nazionale per
la sanità, il PN per l’equità nella salute. Investiremo queste risorse, circa 625 milioni di euro sul
Mezzogiorno per restituire cure accessibili e diritti ai territori d’Italia che più di altri scontano le
diseguaglianze sul piano dell’assistenza sanitaria. La salute è un diritto costituzionale, va garantita
a tutti, non può dipendere da dove vivi e quanti soldi hai”. Questo è ciò che ribadisce Speranza in un colloquio con Repubblica Bari, spiegando così il piano di potenziamento rivolto in modo
esclusivo alle sette regioni del Sud.
In aggiunta, vi sono notizie che portano ad una particolare riflessione.
E’ opportuno soffermarsi su casi di “migrazioni atipiche”, di persone che dal Nord si recano al Sud.
Succede, ci sono. Come il caso di Manuela Manetti che da Milano si è recata al “Sant’Anna” di
Catanzaro, dove oltre ad aver trovato la cura al suo problema cardiaco, è stata aiutata da una
medicina tanto preziosa e rara in ambito sanitario, che prende il noma di “umanità”.
Ecco il vero punto di partenza.
Estendere questa potenzialità riflessa non solo dall’ eccellenza ma anche dall’umanità innata, che
ha sempre contraddistinto questo pezzo d’Italia.
Questa non è una qualità aggiunta, ma necessaria. Non si compra, ma si alimenta, raccogliendo
tutto ciò che c’è di buono, facendone motore del progresso.
Sarebbe ora di non rimuginare su ciò che manca, ma capire che delle basi effettive e solide ci
sono.
Non facciamoci sommergere sempre dalle cattive notizie, ma diamo ogni volta, se possibile, un messaggio
stimolante!
Claudia Coccia
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]]>“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.”
Questo è ciò che esprime l’articolo 32 della nostra Costituzione, secondo il quale ognuno di noi è un «legittimo utente di un pubblico servizio, cui ha pieno e incondizionato diritto». In Italia il Servizio sanitario nazionale (il complesso delle attività sanitarie garantite a tutti i cittadini gratuitamente o tramite il pagamento di una compartecipazione alla spesa), è stato realizzato solo nel 1978. Occorre sottolineare, inoltre, che il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e ottenere cure mediche è principio scritto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Questa premessa risulta essenziale per focalizzare la valenza di questo settore. Tale importanza, ad oggi, risulterebbe assodata, condivisa e quasi metabolizzata. La pandemia ha risvegliato delle paure incolmabili, nutrite dall’impotenza dell’essere umano. Di conseguenza, il settore sanitario come strumento e la cura stessa come traguardo, hanno ricoperto un ruolo essenziale. La priorità alla base delle nostre vite. Nonostante ciò, vi sono stati e vi sono alcuni intoppi nella nostra penisola. Anche questo settore, del resto, non si cosparge in maniera omogenea. E ciò non ci sorprende. Vi sono una serie di dati, i quali riportano marcate discontinuità territoriali.
L’oggettività del dato…
Da una parte il Nord, dove gli indicatori sono molto vicini ai Paesi più ricchi dell’Unione europea, dall’altra il Sud, dove la situazione è assimilabile a quella dei Paesi dell’Est. Strano? Non si direbbe. L’aspettativa d vita per le donne è di 83,7 anni, mentre per gli uomini è 78,2 anni. Già nel Rapporto Annuale dell’Istat presentato dall’ex presidente Giorgio Alleva emerse una chiara fotografia della Sanità italiana da cui è evidente un forte divario territoriale nell’assistenza sanitaria. Nell’area del Mezzogiorno è più che doppia la quota di rinuncia alle cure per motivi economici o per carenza dell’offerta , mentre nel Nord si registra la quota più bassa.
Ma cosa succede effettivamente?
Aumenta la mobilità sanitaria, che diventa causa ed effetto del problema. In generale i “migranti della salute” che si spostano da Sud e Isole verso Nord sono circa 345mila. Le motivazioni che li spingono a muoversi sono relative alla qualità delle cure, alle liste d’attesa e dei casi riguardano altri motivi di natura logistica. Ovviamente decidere di recarsi in un’altra regione per essere sottoposti a cure richiede un notevole investimento economico, sia per i pazienti sia per i loro accompagnatori. E’ chiaro che vi saranno rinunce alle cure, dovute all’impossibilità economica, che inevitabilmente rappresenta la risposta ai dati sopra elencati. Inoltre, un costo notevole impatta non solo sui pazienti, ma anche sulle regioni del Sud che finiscono con il rimborsare prestazioni mediche a cui i propri abitanti si sottopongono altrove.
Di conseguenza, il Mezzogiorno perde un’importate sfida: la possibilità di attirare nuovi talenti e migliorare il servizio stesso.
esteso anche alla prevenzione …
Un esempio: secondo i dati non troppo remoti dell’Organizzazione mondiale a Nord l’85,2% delle donne adulte ricorrono a mammografia, segue il Centro con l’80,7% e a distanza di parecchi punti il Sud e le Isole con il 66,3%. Tendenze analoghe si registrano in caso di prevenzione al colon retto.
A cosa è dovuto? I dati ci fanno anche osservare che la prevenzione è strettamente connessa al reddito; più questo sale, più ci si sottopone a mammografie e controlli colon-rettali. Anche quando ci troviamo di fronte ad un sistema che finanzia a costo zero la prevenzione, garantendo screening gratuiti per il tumore al seno e il tumore al colon-retto, nella maggior parte dei casi ad accedere al servizio sono persone con redditi più elevati, mentre i redditi più bassi rinunciano con maggiore frequenza.
… gestito durante la pandemia
Adesso la domanda sorge spontanea: quale destino sarebbe spettato al Sud d’Italia , durante la pandemia, se avesse rilevato lo stesso numero di contagi emersi al Nord? La portata numerica dei contagi è stata minore e dovuta a diversi motivi. Nelle varie interviste ad esperti è emerso, in primis, il fattore temporale. Infatti, il virus è arrivato in Lombardia e di lì si è diffuso in un periodo di picco influenzale. Poi si è trasmesso per contiguità. Quando l’epidemia si è diffusa in tutta Italia e sono nati dei focolai al Sud, le autorità erano già preparate.
Solo questione di tempo?
No. Il virus ha colpito principalmente le aree più produttive e quindi il Nord Italia, semplicemente perché ci sono più contatti tra le persone e più spostamenti quotidiani legati a un mondo del lavoro e ad uno stile di vita frenetici. Anche l’aspetto della densità abitativa ha avuto un’incidenza. Le variabili sono tante, senza dimenticare il fattore della casualità, sempre presente nelle epidemie. E nonostante ciò, il Sud ha sofferto per la mancanza di posti letto negli ospedali, per la disinformazone e disorganizzazione, per una mancata efficienza che nella situazione pandemica non ha fatto altro che venire a galla.
In conclusione ed in relazione ai numerosi dati il punto essenziale è uno: partire dalle basi per arrivare all’apice.
Da dove cominciare? Dalla manutenzione degli ospedali a nuove cliniche specializzate, arrivando ad un livello ottimale e meritevole. Il cambiamento è necessario e la paura del fallimento è inevitabile, soprattutto per le piccole realtà cittadine. Ma adesso più che mai occorre fare salti di qualità, anche a piccoli passi. Far si che diventi un obiettivo da raggiungere, il cui input parta da noi stessi e dalle iniziative che non devono più essere bocciate, guidati dalla convinzione che anche nel Mezzogiorno la potenzialità e la determinazione sono di casa.
Claudia Coccia
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