mondiali Archivi - La Voce del Sud https://www.lavocedelsud.org/tag/mondiali/ “Se si sogna da soli, è un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia. ” Mon, 07 Nov 2022 15:57:59 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 199277288 Mondiali in Qatar, era proprio necessario? https://www.lavocedelsud.org/mondiali-in-qatar-era-proprio-necessario/ Mon, 07 Nov 2022 11:00:00 +0000 https://www.lavocedelsud.org/?p=4883 “Democrazia”, “tolleranza”, “integrazione”, “rispetto”; sono solo alcuni termini che definiscono principi fondamentali del mondo sportivo. Spesso si minimizza lo stretto sodalizio che esiste tra il puro divertimento, dato ad esempio da “banali” calci ad un pallone e concetti sociali, oseremo dire, politici. Tra circa due settimane, come è noto, si disputeranno i mondiali in Qatar. […]

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“Democrazia”, “tolleranza”, “integrazione”, “rispetto”; sono solo alcuni termini che definiscono principi fondamentali del mondo sportivo. Spesso si minimizza lo stretto sodalizio che esiste tra il puro divertimento, dato ad esempio da “banali” calci ad un pallone e concetti sociali, oseremo dire, politici. Tra circa due settimane, come è noto, si disputeranno i mondiali in Qatar. L’attenzione e le polemiche sono rivolte al Paese ospitante con riferimento chiaro alla sua politica sociale e culturale.

Ecco che ritorna il discorso sopra menzionato; per qualcuno, o per miopia o per pura convenienza, fare di una partita di calcio una manifestazione di civiltà diventa un volo pindarico. L’ha sottolineato, in maniera volutamente “cieca”, il responsabile della sicurezza del Qatar, Al-Ansari, in riferimento al divieto di sventolare bandiere arcobaleno (simbolo del movimento LGBT) negli stadi che ospiteranno le partite. “Le persone hanno comprato un biglietto per vedere la partita, non per fare un gesto politico”, ha precisato il dirigente, che poi ha concluso: “Non si può cambiare religione per 28 giorni di Coppa del Mondo”.

Ѐ d’obbligo sfociare a questo punto in una materia che esula dallo sport nella sua accezione più stretta. Bisogna essere coscienti del fatto che il Qatar, in quanto Paese arabo, prevede una stretta commistione tra politica e religione, secondo le norme dettate dalla Sharia. La società affacciata sul Golfo Persico è pertanto soggetta a precise e ferree leggi dalle quali non si può prescindere.

Un Paese fortemente contraddittorio

Certo, occorre anche far notare come il Qatar rappresenti una sorta di stella puntellata da piccoli nei di tolleranza nella costellazione araba. Questo è stato infatti il primo Paese del Golfo Persico che ha consentito il voto alle donne. Da aggiungere anche che il tasso di occupazione femminile in Qatar è di tutto rispetto; lavora in pratica una donna su due (è il tasso più alto in tutto il mondo arabo e uno dei più alti al mondo).

Come accade quasi sempre però, anche la medaglia più scintillante prevede un’altra faccia decisamente più opaca. Basti pensare che se una donna resta incinta di un figlio illegittimo, questa viene incarcerata e andrà incontro ad un iter giudiziario molto insidioso.

Le contraddizioni non si esauriscono qui. La legge del Paese che ospiterà i prossimi mondiali prevede infatti alcune pratiche punitive impensabili in una società che si reputa “progressista”. Tra queste, la deportazione ad esempio, prevista per i musulmani sorpresi a consumare alcolici o in alternativa la fustigazione, estesa anche verso chi consuma rapporti sessuali illeciti. E ancora; in Qatar (altro caso spinoso) non esiste alcuna legge che tuteli le libertà sessuali individuali. L’omosessualità è considerato un crimine punibile con la pena di morte.

Per non farci mancare nulla, aggiungiamo pure che sono state accertate, anche se mai rese note, pratiche di sfruttamento della forza lavoro estera che ci rimanda tanto ed episodi di tratta di esseri umani che ci auguravamo di non vedere più nel mondo “moderno”.

Parentesi: la forza lavoro di questo Paese è costituita principalmente da stranieri. A molti di loro, solo pochi giorni fa è stato riservato un trattamento decisamente discutibile; chi risiedeva nel centro della capitale Doha è stato sfrattato nel giro di due ore perché, con un evento mediatico così importante alle porte bisognerà dare un’immagine “consona” di sé, sputando in pratica nel piatto in cui mangiano i colossi che governano il Qatar.

Mondiali in Qatar: le colpe della FIFA

Questo quadro certamente va in contraddizione con i valori nobili cui dovrebbe farsi portavoce in ogni situazione il mondo dello sport. Capire il perché si resta volutamente indifferenti ad una palese manifestazione di arretratezza culturale è un sillogismo mentale abbastanza facile da attuare. Esiste un “dio” superiore in questo mondo capace di muovere i fili di individui che diventano semplici ed apatici burattini. Stiamo parlando del denaro.

A farlo capire, nel caso specifico della nostra trattazione, è stato l’ex presidente della FIFA, Sepp Blatter. Questi, in una passata intervista ha dichiarato che “per aggiudicarsi l’organizzazione di una Coppa del Mondo tutto è possibile, anche pagare”. Non è tutto; bisogna tener presente che il personaggio in questione fu “costretto” alle dimissioni proprio per l’assegnazione dei mondiali alla Russia nel 2018 e al Qatar nel 2022, a seguito dell’apertura di un’inchiesta che poi accertò la sua colpevolezza circa compravendite di voti. Ebbene, nella fattispecie Blatter ha chiamato in causa l’allora presidente UEFA, Michael Platini e persino l’allora capo dell’Eliseo Sarkozy. Su pressione di quest’ultimo, secondo Blatter, anche “Le Roi” avrebbe votato in favore del Qatar. Dimostrazione palese che la politica nel calcio c’entra, eccome!

Era proprio necessario?

Volendo ricavare come sempre una morale, possiamo dunque affermare che “progredire” non è certo mascherare secolari ideologie retrograde dietro a mastodontici grattacieli.

I mondiali del Qatar di “sportivo”, nel senso originario del termine, non avranno nulla. Un pallone che rotola su un rettangolo verde inseguito da ventidue giocatori non potrà mascherare il tradimento al calcio (e allo sport in senso lato) firmato in quel triste dicembre del 2010.

Lecito, in ultima istanza, chiedere a nome di coloro i quali davanti allo slogan “il calcio è di tutti” non si mettono a ridere ma ci credono veramente, se fosse davvero così necessario farci assistere a questo squallido spettacolo.

Felice Marcantonio

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NOI ITALIANI: IL “POPOLO DEL PALLONE” https://www.lavocedelsud.org/noi-italiani-il-popolo-del-pallone/ Wed, 06 Apr 2022 10:00:00 +0000 https://www.lavocedelsud.org/?p=2417 Luoghi comuni su noi italiani ne esistono diversi; da chi ci identifica con la cucina, più specificatamente chiamandoci “mangia spaghetti”, a chi unisce alla nostra propensione culinaria una peculiarità musicale (quante volte abbiamo sentito “pizza e mandolino” uniti al Bel Paese), passando poi da qualcuno che ci fa notare vizi nella gestualità (notoriamente molto accentuata). […]

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illustrazione di Ilaria Longobardi (@dallamiap.arte)

Luoghi comuni su noi italiani ne esistono diversi; da chi ci identifica con la cucina, più specificatamente chiamandoci “mangia spaghetti”, a chi unisce alla nostra propensione culinaria una peculiarità musicale (quante volte abbiamo sentito “pizza e mandolino” uniti al Bel Paese), passando poi da qualcuno che ci fa notare vizi nella gestualità (notoriamente molto accentuata). Ci riconoscono anche un romanticismo ed una passionalità fuori dal comune (sarà forse che la nostra terra offre migliaia di motivi per essere sognatori veraci).

C’è un’altra cosa, però, che fa dell’italiano un unicum nel mondo. Una passione potremmo dire “cronica” in grado di far fermare il tempo almeno per un’ora e mezza. Stiamo parlando dello sport per eccellenza: il calcio. Pur essendo nato in Inghilterra (come non mancano di far notare dalle parti di Londra e dintorni), ben presto questa disciplina ha varcato i confini d’Oltremanica sbarcando nel nostro Paese dove in alcuni casi (vedi Napoli o Roma) è diventato un qualcosa di molto simile ad una religione. In effetti, sfido chiunque a non essersi lasciato trasportare dal pathos di una partita di calcio almeno una volta nella vita. Questo sport ci accompagna ogni giorno; nella nostra quotidianità c’è sempre spazio per leggere una notizia calcistica. Anche chi non è tifoso e non soffre pertanto di una “malattia incurabile” come ne siamo invece affetti in parecchi, si imbatte navigando in Internet in un trafiletto di calcio, magari fortuitamente, ma succede spesso.

Capita poi che le tradizionali partite di campionato o di coppa, in cui ad essere coinvolti sono i club, lascino spazio alle gare della Nazionale. In queste occasioni si dimenticano (o almeno così dovrebbe essere) le simpatie più disparate per far spazio ad un sentimento comune che ci spinge a parteggiare per una comune squadra del cuore, la più importante: l’Italia. Quando giocano gli azzurri, le nostre città si paralizzano, sospese in una dimensione soprannaturale, proiettate in un mondo alternativo dove non si ha la minima idea di cosa sia il traffico o la semplice fila al supermercato. Le faccende quotidiane vanno sbrigate prima del calcio d’inizio, prima di radunare nei bar o nelle case la schiera di tifosi pronti a soffrire, a gioire e a volte a “giocare” assieme all’undici in campo. Quando gioca l’Italia anche i non calciofili vengono assaliti da quella passione viscerale che ci fa entrare subito tutti in modalità “ultras”. Certo, ci sarà sempre chi si distinguerà dalla massa, snobbando l’evento almeno di facciata, per poi magari ritrovarselo in un angolo nascosto di una piazza piena di bandiere ad urlare a squarciagola.

Recentemente, questo “culto” verso il calcio, verso l’Italia in particolare, ha toccato punte che si trovano agli antipodi. In otto mesi siamo letteralmente passati “dalle stelle alle stalle”. La scorsa estate ci ha lasciato per sempre vivo il ricordo delle “notti magiche”, di una Nazionale che facendo invidia al mondo diventava Campione d’Europa proprio a casa degli inglesi, quasi che il “dio del calcio” si fosse espresso su chi può vantarsi di essere il “proprietario” di questo sport. Quante sbronze si sono registrate tra giugno e luglio 2021 (non solo in senso metaforico!). Probabilmente, i postumi sono stati duri da smaltire visto che dall’autunno in poi l’estasi più totale ha lasciato spazio prima a rinnovate preoccupazioni che credevamo non ci riguardassero (per la serie: “andremo ai Mondiali?”) per poi giungere ad una primavera 2022 che per noi italiani, amanti del pallone, è così solo sulla carta. Lo scorso 24 marzo, infatti, a Palermo si sono materializzati i peggiori incubi, quelli vissuti già quattro anni fa e che dopo il collaudo di invincibilità abbondantemente superato grazie al nuovo c.t. Roberto Mancini, credevamo di aver rimosso per sempre. La realtà dei fatti è stata difficile da accettare, in molti ancora fanno fatica a rendersi conto che l’Italia non parteciperà ai Mondiali in Qatar in programma tra novembre e dicembre prossimi.

Per chi ha visto la partita, lo shock è stato tangibile. A chi invece il risultato finale dello spareggio contro la Macedonia del Nord è arrivato per vie “traverse” sembrava tanto uno di quegli scherzi piuttosto banali. Il risveglio è stato piuttosto brusco, per i secondi soprattutto. Le certezze sono crollate, la rabbia è cresciuta a dismisura e c’è da giurare che in molti il giorno dopo a lavoro o non si sono presentati proprio o sono risultati intrattabili. Perché il calcio per noi italiani è questo: una grande festa degna del miglior matrimonio quando si vince e la peggiore cerimonia da funerale quando si perde. Siamo così, follemente e diciamo pure orgogliosamente fanatici di uno sport che per noi non sarà mai solo uno sport.

L’ esclusione dell’Italia dai Mondiali ci ha fatto dimenticare per qualche giorno problemi più seri, personali e no, che ora pian piano tornano d’attualità. Quando la mente torna fredda e lucida, quando gli effetti del calcio si attenuano fino a sparire (almeno per un po’) in fondo all’italiano “tipo” non resta che dire GRAZIE a questo sport, che sarà pure un qualcosa di “frivolo” stando a sentire gli “intellettuali”, ma ha in ogni caso un effetto benefico in chi lo segue; indipendentemente dalle vittorie o dalle sconfitte (che poi è il paradigma della vita in senso lato), il calcio è per noi italiani una specie di “Arcadia” degli antichi, un mondo ideale in cui vale la pena entrare per fuggire, almeno per 90 minuti, dalla “solita” vita.

Felice Marcantonio

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