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Quella del 27 ottobre 2021 rappresenta non solo la sconfitta del Ddl Zan ma anche dell’intero Paese. Le esultanze da stadio che si sono viste in aula, disdicevoli e irrispettose anche dell’Istituzione, fanno capire come esso non sia stato così correttamente interpretato (e forse neanche letto dai nostri Rappresentanti).

Il disegno di legge Zan, denominato “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”, prende il nome dal suo promotore Alessandro Zan assieme ad altri deputati ed è composto da soli 10 articoli, sei riguardanti l’ambito penale e quattro contenenti azioni positive per prevenire e contrastare le discriminazioni.

Dato che è stato oggetto di fin troppe polemiche, in questa sede chiariamo brevemente alcuni punti fondamentali sul suo contenuto:

  1. NON SOLO LA COMUNITA’ LGBTQ+

Il Ddl Zan è proposto correttamente dalle cronache come manifesto della comunità LGBTQ+. Esso in realtà ha una sfera di applicazione molto più ampia, abbracciando il tema della discriminazione, dell’inuguaglianza e della violenza anche nei confronti delle persone disabili e nei confronti delle donne.

2. I PARAMETRI DELL’ART. 1

L’art. 1 della legge recita:

Ai fini della presente legge:

a) per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico;

b) per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso;

c) per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi;

d) per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione.”

In prima battuta vengono definiti i termini di sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere, come suggerito dalla Commissione per gli Affari Costituzionali, per evitare qualunque ipotesi di incostituzionalità della legge. Quella qui operata è una scelta assolutamente non casuale: si è di fronte ad un’analisi puntuale e dettagliata della scelta terminologica.

3. MODIFICHE ALL’ART. 604-BIS E 604-TER DEL CODICE PENALE

Sulla base di queste definizioni, l’art. 2 pone delle modificazioni al Codice penale.

L’attuale art. 604-bis, “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa”, viene modificato dal disegno di legge introducendo come ulteriore fattispecie di reato anche l’istigazione o la discriminazione in ragione del: sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità.

In concomitanza, l’attuale art. 604-ter pone un’aggravante per i reati punibili con pena diversa dall’ergastolo commessi con finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso. Anche qui, la proposta prevedeva l’estensione fra dette fattispecie.

Il medesimo discorso si estende poi ai medesimi reati delineati dalla Legge Mancino (205/1993).

Quindi, come erroneamente interpretato, esso non creava reati “ad hoc” per la repressione di crimini contro la comunità LGBTQ+, bensì permetteva l’estensione di fattispecie ed aggravanti già esistenti.

4. LA SALVAGUARDIA DELLA LIBERTA’ DI OPINIONE DELL’ART. 4

Centro del dibattito politico ruota attorno alla specificazione adoperata dall’art. 4. Esso, in merito al pluralismo di idee e libertà delle scelte, afferma che sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni e le condotte legittime purché “non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Dunque, non fa che ripetere il principio secondo cui la libertà di espressione non deve mai sconfinare nell’istigazione all’odio e alla violenza.

Ciò che ha forse destabilizzato maggiormente tra gli oppositori è capire come sarebbe possibile esprimere un’opinione discriminatoria senza che ciò si possa risolvere in una condotta.

5. IL CASO VATICANO

Il Vaticano, tramite una nota diplomatica, ha sollevato due questioni principali: la presunta limitazione alla libertà assicurata alla Chiesa e ai suoi fedeli tramite il Concordato e la presunta imposizione alle scuole cattoliche di attività contro l’omofobia a seguito dell’istituzione di una Giornata dedicata prevista dal Ddl stesso (art. 7).

La Chiesa teme che le posizioni tradizionalmente conservatrici dei suoi membri, se espresse in pubblico, possano essere perseguite come reato d’odio e che le scuole private, quindi anche quelle cattoliche, sarebbero obbligate a organizzare attività che la Chiesa percepisce come contrarie alla propria dottrina.

In realtà la libertà di espressione non viene messa in discussione dal ddl Zan. Contrariamente a quanto temono in molti, un sacerdote potrà continuare a fare una campagna contro l’equiparazione dei diritti delle coppie dello stesso sesso rispetto ai diritti della famiglia tradizionale. Interverrebbe qualora il sacerdote, ad esempio, istigasse i suoi seguaci a molestare una coppia non eterosessuale in quanto non eterosessuale.

In merito al secondo timore, Il deputato Zan ha spiegato come l’art. 7 si inscrive in un quadro segnato dal principio di autonomia scolastica, che è generale e si applica a tutte le scuole. Il comma 3 precisa che le attività saranno organizzate nelle scuole “nel rispetto del piano dell’offerta formativa e del patto educativo di corresponsabilità” cioè il documento, firmato contestualmente all’iscrizione, che costituisce un impegno formale e sostanziale tra genitori, studenti e scuola e che ha la finalità di rendere esplicite, per l’intero percorso di istruzione, aspettative e visione d’insieme del percorso formativo.

Quindi, Il rispetto dell’autonomia di tutte le scuole è esplicitato e, senza un iter piuttosto complicato di approvazione interna, alcune attività non arriverebbero mai a essere organizzate internamente.

Se fosse realmente possibile parlare nelle scuole italiane di prevenzione e contrasto alla discriminazione per sesso e/o genere, forse i giovani di oggi crescerebbero con una maggiore consapevolezza di se stessi e di rispetto verso gli altri e gli episodi di violenza diminuirebbero significativamente. Ma l’Italia non è ancora pronta a questo.

A festeggiare di questa vittoria la parte più categorica, oscurantista e bigotta della società italiana mentre fuori, per strada, le persone LGBTQ+, quelle con disabilità e le donne affrontano oggi giorno abusi, umiliazioni, discriminazioni, violenze di ogni tipo: e la politica, ora, ne è ufficialmente complice.

“E se credente ora / Che tutto sia come prima / Perché avete votato ancora / La sicurezza, la disciplina/ Convinti di allontanare / La paura di cambiare / Verremo ancora alle vostre porte / E grideremo ancora più forte / Per quanto voi vi crediate assolti / Siete per sempre coinvolti”.

Canzone del Maggio, Fabrizio De André

Chiara Vitone

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