Rincari esorbitanti
Chiunque sia andato a fare la spesa negli ultimi tempi ha constatato considerevoli rincari nella maggior parte dei beni alimentari. I dati parlano chiaro: l’aumento dei prezzi del carrello della spesa ha raggiunto l’11,9% rispetto all’anno scorso. Gli alimenti il cui prezzo è aumentato di più sono: l’olio di semi con un +62,2%, il burro con un +33,5% e le uova con un +15,3%. Insomma, si spende di più per avere meno, questa è la logica alla base dell’inflazione.
Con questo termine si indica l’aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi in un determinato periodo di tempo. Questo genera una diminuzione del potere d’acquisto della moneta. Con l’innalzamento dei prezzi, ogni unità monetaria potrà comprare meno beni e servizi.
Le ragioni dei rincari
La ragione di questo aumento è causata principalmente dall’elevato costo dell’energia derivante dalla guerra tra Russia e Ucraina che influisce sulla produzione alimentare.
Un altro elemento da prendere in considerazione nel nostro Paese è il fatto che importiamo molti più beni alimentari di quanto ne esportiamo. Ci sono da considerare quindi anche i costi di trasporto, a loro volta influenzati dagli aumenti del prezzo dei carburanti. Si costituisce dunque una catena di incrementi dei prezzi che influisce non di poco sulla nostra spesa alimentare.
Il solito divario italiano
Ma quali sono le parti del Paese in cui è meno conveniente fare la spesa?
Uno studio ISTAT riporta che “Nel Sud e nelle Isole, dove le disponibilità economiche sono generalmente minori, a pesare di più sulla spesa complessiva delle famiglie sono le voci destinate al soddisfacimento dei bisogni primari, come quelle per alimentari e bevande analcoliche: nel 2021 questa quota di spesa arriva al 24,6% al Sud e al 23,5% nelle Isole, mentre si ferma al 17,2% nel Nord-est. La quota più alta per alimentari e bevande analcoliche si registra in Calabria, dove si attesta al 28,1%, a fronte del 19,3% osservato a livello nazionale e del 15,8% nel Trentino Alto-Adige.”
Se andassimo ad analizzare i dati assoluti noteremmo che la spesa media è aumentata di più al Nord rispetto che al Sud ma ci sono altre variabili da considerare, come lo stipendio medio della popolazione nelle diverse zone d’Italia, storicamente più bassi al Sud.
Una situazione allo stremo
Inutile dire che questi rincari stanno mettendo in difficoltà l’intero Paese: dal milanese al catanese, dal napoletano al fiorentino.
Basta analizzare i dati relativi agli enti che si occupano di garantire un pasto caldo alle persone che non arrivano a fine mese. Coloro che sono stati costretti a rivolgersi alle mense francescane per poter mangiare sono state il 79%, in meno di tre anni. Una tendenza che è in costante peggioramento: nel 2022 si è registrato un +18% rispetto al 2021. Sono dati allarmanti.
Una misura che è stata introdotta dal governo durante la pandemia per aiutare le famiglie in difficoltà è il Bonus spesa, provvedimento che si sta rivelando indispensabile anche in questi momenti di crisi economica.
Non c’è una soluzione per questo difficile e delicato argomento che non riguardi una forte mediazione internazionale e una collaborazione da parte di tutti i Paesi affinché i prezzi vengano calmierati.
In un mondo globalizzato e interconnesso come il nostro è impensabile risolvere il problema da soli, è necessario l’aiuto di tutti.
Alessandra Cau
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