Ciclopico palazzo napoletano dormiente in attesa di essere risvegliato
Secondo l’ultimo censimento ISTAT in Italia ci sono circa 7 milioni di edifici non utilizzati, fra cui più di 5 milioni di case, scuole, fabbriche, teatri, cinema, monasteri, uffici e ancora ospedali, stazioni ferroviarie, ma anche beni confiscati alle mafie e paesi “fantasma”.
È importante sensibilizzare i cittadini sull’immenso patrimonio immobiliare sommerso del nostro Paese e denunciare lo stato di incuria in cui versa.
Oggi trattiamo il caso del famoso Ospedale/Albergo dei poveri ( o Palazzo Fuga) di Napoli, nell’uso popolare “Reclusorio” e “Serraglio”, uno dei più grandi edifici monumentali ed una delle più imponenti costruzioni settecentesche di tutta Europa: la facciata ad esempio si estende per un fronte continuo di 354 metri, circa cento metri in più rispetto alla, non distante, Reggia di Caserta.
LA STORIA
Il Palazzo situato allora nella cosiddetta extra moenia, vale a dire “fuori le mura” della città di Napoli, oggi piazza intitolata proprio a Carlo III di Borbone che, nell’ambito del coraggioso programma di rinnovamento edilizio durante il suo regno commissionò, all’architetto fiorentino Ferdinando Fuga, il progetto di questa mastodontica struttura, pensata per accogliere i poveri del Regno. Ciò è attestato anche dalla scritta latina posta sulla porta principale che recita: Regium totius Regni Pauperum Hospitium vale a dire Real Ospizio dei Poveri di tutto il Regno.
I lavori durarono 70 anni, dal 1751 al 1823. Il progetto, straordinariamente ambizioso, era tuttavia molto oneroso, motivo per cui le operazioni procedevano lentamente e periodi di frenetica attività si alternavano a fasi inoperose per mancanza di fondi.
L’Albergo era non solo un punto di accoglienza delle classi povere, degli “ultimi”, ma anche un luogo dedito alla loro rieducazione civile e morale. Si offrivano vitto, alloggio, un’istruzione e l’opportunità di imparare un mestiere. Tale misura puntava a rendere Napoli una “città modello rinascimentale” e anche grazie a questo progetto c’è ancora un’ottima visione filantropica dell’”Illuminismo napoletano”.
Tuttavia, la struttura non ebbe vita facile e divenne tristemente un vero e proprio carcere,“Serraglio”, cioè un luogo dal quale non sarebbe stato più possibile uscire. Un infelice e pessimistico detto partenopeo, consapevole del destino che aspetta i diseredati, recitava: Chi nasce ‘ngopp ’a paglia, va a furnì ind’o’ Serraglio (Chi nasce sulla paglia, va a finire nel Serraglio).
Negli anni ’60 la struttura andò incontro a una vera e propria decadenza. La manutenzione era insufficiente, le presenze si sfittirono, i laboratori di artigianato a mano a mano si affievolirono. Subentrarono però attività pubbliche e si avvicendarono nei suoi locali un Centro di Rieducazione per Minorenni, un Tribunale competente a giudicare le cause riguardanti i minori di diciotto anni e l’Archivio di Stato di Napoli civile. Nel 1981 l’Albergo dei Poveri passò sotto la proprietà del Comune di Napoli. Nel 1929 iniziarono i primi crolli, mentre il terremoto del 1980 provocò il distacco di alcuni solai e il crollo di un’ala a ridosso dell’Orto Botanico.
OGGI
Dall’inizio del 2000 il Comune di Napoli ha avviato i lavori di consolidamento della struttura e riconfigurazione degli spazi, ma ancora oggi vanno avanti i tentativi di completare il restauro, avviati nell’ala anteriore e rallentati da diversi vincoli di natura socio-assistenziale e storico-artistica, nonché alle condizioni della struttura che non sono del tutto stabili. Dei tre cortili interni, uno è ormai utilizzato come parcheggio, mentre gli altri appaiono come aree spoglie. All’interno, è difficile orientarsi fattore 430 stanze labirintiche e l’ultimo piano è in parte crollato e dunque pericoloso.
Nell’ultimo anno, il Governo ha inserito il Real Albergo dei Poveri nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con un finanziamento di 100 milioni di euro.
Ovviamente, sono molte le proposte di recupero del luogo: si pensa all’allestimento di una sorta di “Louvre” napoletano, che potrebbe ospitare le opere che la Campania possiede ma che non sono state mai esposte e realizzare il museo più grande del mondo; altrimenti potrebbe essere destinato alla storia e alla salvaguardia “delle Arti della città”, al suo interno si sentono ancora gli antichi rumori della produttività, sostenendo un settore produttivo come quello artigianale; e ancora si riflette sulla possibile creazione di un centro studi con annesso biblioteche. In ogni caso il Ministero per il Sud ha garantito la ristrutturazione entro il 2026.
Chiaramente nelle attuali condizioni, la burocrazia italiana è un ostacolo insormontabile allo sviluppo e al potenziamento di determinate aree, per questo nonostante minimi e irrilevanti passi bisogna continuare a dar voce a questo grande fallo del nostro Paese. Palazzo Fuga potrebbe ospitare spazi dedicati alla cultura, eventi e diventare un grande polo di valorizzazione per la città che recupererebbe un luogo storico e bellissimo (salvo qualche sporadico evento come “Napoli Teatro Festival” che risale a più di un decennio fa, la costruzione non è stata mai utilizzata per questi fini). La struttura potrebbe rappresentare un’occasione unica di rilancio della zona e favorire il turismo e l’occupazione attraverso la nostra storia e l’arte. Dovremmo partire proprio dal progetto dell’illuminato Carlo III ed essere all’altezza del suo grandioso disegno, sarebbe importante per una grande città come era Napoli allora e come è ancor di più oggi.
L’imponente edificio è rimasto comunque monumento e testimonianza di una stagione riformatrice finita troppo presto e come commenta Stendhal, “il Real Albergo dei Poveri è molto più impressionante di quella bomboniera, tanto vantata, che si chiama a Roma Porta del Popolo”.
Loredana Zampano
No responses yet