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Comico, barzellettiere, cabarettista, attore, ma anche appassionato di viaggi e disegno…

Stiamo parlando di Giuseppe Castiglia, classe ’72, che ho avuto il piacere di intervistare proprio in questi giorni. Mi ha catturato con la storia della sua vita e dei suoi numerosi viaggi, rivelando un lato umano e artistico affascinante. E credetemi, quando vi dico che le sue barzellette su Saro Falsaperla sono solo una piccola parte del suo straordinario talento e della sua ammaliante personalità!

Signor Castiglia quando e come è nata la sua passione per il mondo dello spettacolo?

Per la verità c’è sempre stata, perché ho sempre avuto questa particolare propensione all’esibizione, pur non essendo un esibizionista dal punto di vista caratteriale. Ti chiederai “ma com’è possibile tutto ciò?”. La verità è che una cosa è esibirsi con lo scopo di comunicare qualcosa alle persone che sono venute a vederti magari anche da più parti della Sicilia, un’altra è essere esibizionisti solo per pompare il proprio ego. L’esibizione è per me voglia di comunicare con il mio pubblico. A tre anni già raccontavo le barzellette ai miei familiari. Mio nonno Ciccino, che nella vita faceva lo chef, la domenica amava allietarmi con delle storielle ed io quando le riportavo ai familiari aggiungevo già del mio. Essendo anche il più grande dei cugini da parte di papà e mamma ero quello che riuniva tutti i cuginetti e faceva il teatrino! Quindi quando capii che potevo divertire le persone con queste mie qualità innate decisi di intraprendere questa strada. Ho iniziato assiduamente con il tetro nel 1996 a ventiquattro anni, specializzandomi anche nel raccontare barzellette che utilizzo per evidenziare pregi e difetti della mia terra e del suo popolo. Le mie barzellette infatti non sono mai fini a se stesse, ma vogliono offrire uno spaccato della quotidianità dei miei conterranei.

C’è qualche aneddoto o ricordo che le và di condividere con noi?

Sicuramente l’emozione della prima volta sul palcoscenico, che mi vide protagonista a dodici anni in teatro dell’oratorio di San Cristoforo ( quartiere di Catania n.d.r ) dove mi esibii suonando “Il Carnevale di Venezia”. Mi ricordo ancora il calore che mi pervase. Fu lì che provai la mia prima emozione. Tutt’ora succede, ma in una maniera diversa. L’abitudine ovviamente ti porta a gestire le emozioni in modo diverso. Un’altra cosa che mi successe sempre a dodici anni fu l’iniziare a lavorare per la stazione radiofonica “Catania onde radio”. Ricordo che quando tornai a casa trovai mia madre che piangeva per l’emozione.

C’è qualche collaborazione con qualche collega che ci vuole raccontare?

Più volte mi è successo di collaborare con altri, anche se in realtà qui in Sicilia ci sono molti più artisti individualisti. Noi siciliani purtroppo non siamo molto abituati a fare “squadra”. Ho fatto diverse parodie musicali con vari colleghi. Ho sempre amato scrivere testi di canzoni e arrangiamenti e ogni tanto continuo a scrivere qualcosa.

Perchè secondo lei, dato che abbiamo affrontato l’argomento nella precedente domanda, noi siciliani non siamo abituati a fare “squadra” sia nel mondo dello spettacolo come ahimè anche in altri ambiti?

Noi siamo un popolo un po’ particolare, frutto anche delle varie dominazioni che abbiamo avuto nel corso dei secoli. Abbiamo accumulato tanti pregi oltre ad alcune peculiarità negative, che sono un po’ la nostra condanna. Le cose molte volte nella nostra terra vanno male per il nostro atteggiamento. Uno su tutti è il fatto che tra i sentimenti più diffusi nella nostra terra c’è l’invidia. L’invidia non porta a nulla, ma purtroppo non tutti la pensano così. La gente invece di fare in modo di fare meglio degli altri, fa in modo che gli altri facciano peggio di loro.

Qualche premio / riconoscimento che le và di ricordare con noi?

Uno dei più bei premi che ho ricevuto è stato quest’estate ad Aci Sant’Antonio ( comune della provincia di Catania n.d.r ). Si tratta dell’importante riconoscimento “Carretto Siciliano” che oltre ad essere molto prestigioso è anche molto bello, perché è la riproduzione di una ruota di carretto siciliano in miniatura curata in ogni suo minimo particolare. Mi hanno omaggiato nel corso degli anni anche con altre importanti onorificenze come “La chimera d’argento”, “L’Amenano d’argento”, “Il Telefantino”, anche se il premio più importante lo ricevo tutte le sere quando la gente mi dimostra il suo affetto nonostante siano già trent’anni che faccio questo lavoro. E’ bello vedere tante persone che vengono da varie parti della Sicilia per applaudirti, conoscerti, guardarti dal vivo e ridere con te. Cosa c’è di meglio di questo premio qua? E’ una gratificazione che non posso spiegare a parole. Il pubblico si fida di me e non c’è sentimento per me più importante della fiducia.

Tra i suoi vari spettacoli o personaggi interpretati ce n’è uno che le è rimasto particolarmente nel cuore?

Sicuramente “Storia di una Capinera”, copione tratto dal romanzo di Giovanni Verga, dove interpretavo Verga stesso o meglio la sua coscienza che si muove e dialoga con i vari protagonisti. E’ un ruolo un po’ metafisico che ho voluto adoperare per denunciare anche la condizione della donna in Sicilia in quei tempi.

Parliamo del singolo “Catania ( fighiozza d’o pattri eterno )” dove si coglie tutto il suo amore per la sua città. Com’è nato? Ne conserva qualche ricordo particolare?

La canzone è stata scritta da Antonio Zappalà che per molti anni l’ha tenuta dentro un cassetto. Poi una sera mentre stavamo scrivendo tutt’altro me la fece ascoltare e da lì nacque tutto. L’abbiamo riarrangiata per renderla più “popolare” e cantabile per tutti. Siamo felici che sia divenuta un inno per tutti i catanesi che amano la loro città e Sant’Agata, la sua compatrona. Dice cose che sicuramente pensiamo un po’ tutti. Catania è stupenda, ma ha anche i suoi problemi. Ci sono quelli che la maltrattano. Anche se spesso quelli che la maltrattiamo siamo proprio noi.

Ultima domanda, quali progetti ha in questo momento in cantiere?

Da tempo sto pensando di realizzare un podcast che non sia però il classico podcast, ma più una chiacchierata tra quattro o cinque amici, magari con un ospite speciale…

Si conclude così la nostra “chiacchierata” con Giuseppe Castiglia, un incontro un po’ “particolare” che ci ha offerto l’opportunità di conoscere l’uomo dietro il grande artista, quello che siamo soliti vedere sul palcoscenico delle piazze e dei teatri.

Federica Leonardi

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