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Una protezione o un rischio?

Le mascherine, da sempre criticate per il loro uso e alleate contro il Covid-19, sono divenute parte integrante della nostra quotidianità con le quali, al pari dell’abbigliamento, sfoggiamo fantasie originali o si trasformano in scudo con cui proteggersi oltre dal Covid-19, dalle proprie insicurezze.

Uso delle mascherine prorogato, ecco dove

Sebbene la data del 15 Giugno avrebbe sancito l’inutilizzo delle stesse, il ministro Speranza ha deciso di prorogarne il loro uso. Quello che, pertanto, doveva sancire il ritorno alla normalità sembra divenire uno scenario senza fine nell’era degli uomini mascherati. Le mascherine, infatti, dovranno essere usate ancora per i mezzi di trasporto e negli edifici scolastici,anche se é stata abolita per gli esami di maturità.

Lo slogan di tornare alla normalità sfuma quindi nei nuovi provvedimenti che, silenziosamente, impongono l’uso del green pass per parenti di pazienti in strutture sanitarie e Rsa per anziani. Senza dimenticare che questa proroga potrebbe, a lungo termine, creare dei danni nella nostra psiche.

Quali sono, quindi, gli effetti psicologici provocati dalla mascherina?

Una prima ipotesi ci proviene dalla “teoria della mente”, formulata per la prima volta da David Premark e Guy Woodfrud nel 1978. Essa si riferisce alla capacità di prevedere e capire il comportamento sulla base della comprensione degli stati mentali in cui ruolo fondamentale è rivestito dall’empatia. Questa consiste nel riconoscere gli stati d’animo e reagirne in maniera consona, partecipando attivamente alle emozioni dell’altro. Affinché questo avvenga, entra in gioco la comunicazione emotiva e non verbale che costituisce il 70 per cento del messaggio trasmesso e di cui fanno parte 5 elementi. Tra questi abbiamo: gesticolazione, postura e comportamento spaziale ma anche l’espressione facciale e lo sguardo fisso impedite parzialmente dalla barriera della mascherina. E’ proprio nel nostro volto che è possibile localizzare ben 43 muscoli facciali. Essi determinano le 6 emozioni primarie di cui fanno parte rabbia, felicità, tristezza, paura, disgusto, disprezzo e sorpresa.

A questo punto perdere come punto di riferimento il volto dell’altro ci rende meno empatici e conduce, come conseguenza, una spersonalizzazione dell’altro e ad una sua deumanizzazione.

L’esperimento carcerario di Strandford

Come dimostrazione di questo, bisogna ricordare l’esperimento carcerario di Strandford condotto dallo psicologo sociale Philip Zimbardo nel 1971. L’esperimento prevedeva l’assegnazione di guardie e prigionieri  all’interno di un carcere simulato. Qui i prigionieri dovevano attenersi a rigide regole, mentre alle guardie penitenziarie fu permesso ampio margine di azione. Dopo solo due giorni, iniziarono a manifestarsi atti di violenza da parte delle guardie che portarono Zimbardo a formulare l’effetto Lucifero di cui complice può  essere anche l’elemento di anonimato. Questo faceva sentire giustificati nel mettere in atto azioni criminali, garantite dalla divisa ed occhiali a specchio.

Diventeremo una società peggiore?

Alla luce di queste ricerche quindi, ci chiediamo: “diventeremo una società meno empatica e alienante?”. Soprattutto pensando alla fascia più piccola della popolazione, la cui teoria delle mente è in fase embrionale.                                           

Renata Tombelli, professoressa della Sapienza di psicopatologia dell’infanzia, in un’intervista alla Repubblica ha dichiarato : “Da due anni mettiamo i bambini di fronte a emozioni mascherate. Questo può avere implicazioni a breve e lungo termine sul riconoscimento delle espressioni e le emozioni associate”.

Episodi di protesta contro l’uso delle mascherine

Non mancano però le iniziative di protesta. Tra queste, quella partita dai Comitati della rete Nazionale Scuola in presenza “Imbusta una mascherina e mandala al Ministero dell’istruzione”. La protesta ha previsto il confezionamento di una mascherina e la sua spedizione al Ministero dell’istruzione. Un modo per esprimere il dissenso, ma non solo.

Stefania Montebelli, presidente della Rete nazionale Scuola in presenza, ha sottoscritto la lettera inviata al Miur in cui ha affermato: “Psicologi e medici hanno ribadito più volte le conseguenze dannose di questo obbligo perpetrato. Dati alla mano, sono sempre più diffusi disturbi dell’ansia, dell’alimentazione, del sonno, disturbi psichiatrici, autolesionismo”.

Sembra quindi che la vera normalità sia una nuova normalità, in cui tutto è mutato. I bambini si ritrovano a giocare con delle nuove bambole sul mercato “Nenuco covid”, provviste di mascherina, termometro e un tampone fai-da-te. Tutto ciò per far “familiarizzare” ancora di più i bambini con questi elementi, senza piuttosto distrarli dall’incubo incombente di una quarantena e dallo stress che ne comporta.

Carmen Allocca

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