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Tra i giovani fra i 18 e i 34 anni, soltanto il 30% sa rispondere correttamente su inflazione, diversificazione e tassi d’interesse.

La media dell’Italia è del 37%, che si attesta così al 63esimo posto su 148 paesi.

Il tema dell’educazione finanziaria è oggi di grande attualità e rilevanza, in un contesto internazionale complesso che richiede ai cittadini maggiori competenze. Tuttavia, essa non è presente nei programmi scolastici, ma l’89,1% dei genitori ritiene che dovrebbe essere studiata in classe per assicurare ai giovani conoscenze e competenze necessarie per avere un corretto rapporto con il denaro e con il suo valore.

Un tema annoso: se ne discute da tempo ma senza successo. Nonostante diversi disegni di legge che giacciono polverosi, l’educazione finanziaria continua a restare fuori dalle aule. Vi sono, però, alcune eccezioni luminose come, ad esempio, le iniziative di FEduF: la “Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio”, costituita su iniziativa dell’Associazione Bancaria Italiana, senza scopo di lucro, che persegue scopi di utilità sociale. Tra gli insegnanti che ne hanno seguito le iniziative didattiche l’80% ritiene la cittadinanza economica una delle competenze indispensabili per i propri studenti e il 60% che sia compito della scuola provvedere.

UTILITA’

Anche quella finanziaria, come tutte le educazioni trasversali che si acquisiscono da bambini, ha come fine ultimo quello di attivare un percorso virtuoso per essere futuri cittadini informati, attivi e consapevoli.

Costituisce, dunque, una parte della cultura di “cittadinanza economica”, particolarmente attenta alla legalità, ad una corretta percezione del valore del denaro e alla responsabilità sociale ossia a quell’insieme di conoscenze, capacità e competenze che permettono al cittadino di divenire agente consapevole nell’arco della propria vita economica e sociale.

L’educazione finanziaria, pertanto, è una forma di investimento culturale sul benessere, necessaria per la realizzazione e il mantenimento del benessere individuale e sociale.

I GIOVANI VOGLIONO SAPERNE DI PIU’

Il dato più interessante è che sono proprio i giovani a volerne sapere di più, a chiedere informazioni, a cercare consapevolezza per costruirsi un progetto di vita.

Rispetto al 2021, è cresciuto l’interesse per la finanza, dal 76% all’82%. Tra gli studenti over 18 addirittura del 21%, mentre tra gli under 18 (dove non c’è confronto con dati precedenti), il 53% ritiene che si tratti di temi interessanti. Dunque, c’è tanta voglia di sapere.

In un’epoca di sovraesposizione mediatica e sovraffollamento dell’informazione, diventa centrale l’affidabilità delle fonti: tra gli studenti delle superiori, la stragrande maggioranza ricava le informazioni di finanza e risparmio sui social, mentre i media e gli spazi tradizionali stanno perdendo terreno, a vantaggio di strumenti e ambienti online.

Fino a poco tempo fa, gli investimenti, ad esempio, erano una questione che riguardava le classi più agiate. L’accesso a questo tipo di attività richiedeva una significativa disponibilità economica e un alto livello di alfabetizzazione finanziaria, necessario per limitare i numerosi pregiudizi sul funzionamento dei mercati e sui loro rischi. Oggi, le nuove tecnologie consentono di superare entrambi questi ostacoli: risorse web, social media e influencer hanno semplificato le modalità di apprendimento e introdotto nuovi canali di informazione su queste tematiche.

Ma economia e finanza continuano tuttavia a essere percepite come materie complesse (per un intervistato su quattro) e difficili da comprendere. Il 30% degli intervistati afferma, infatti, di non trovare contenuti o referenti adatti, cui si aggiunge un altro 10% che li trova troppo banali o troppo complessi.

Quale che sia il canale di comunicazione, solo un terzo degli italiani (in linea con gli altri Paesi) riserva all’educazione finanziaria uno spazio in modo regolare e periodico. Molto spesso, invece, ci si informa solo in caso di eventi eccezionali. E questo spiega anche come mai l’interesse nei confronti dei temi economico-finanziari stia crescendo proprio durante la scia di crisi (tra le altre, quella energetica, inflativa, geopolitica, commerciale e sanitaria) in atto.

CHI DOVREBBE PROMUOVERLA?

Le risposte indicano, prima di tutto, Bankitalia-Consob e Stato. Cresce però il ruolo dei docenti, sia universitari che delle scuole superiori: sono loro che più di tutti dovrebbero stimolare l’alfabetizzazione finanziaria. I ragazzi e le ragazze si aspettano, quindi, che siano scuola e università (ancor prima di istituzioni, consulenti e banche) a farsi “educatori”. 

L’approccio a questo aspetto varia da Paese a Paese. Stato e regolatori sono in prima linea in Italia e Spagna. Francia e Germania spingono invece con maggior forza scuole e università, mentre secondo i britannici dovrebbero avere un ruolo cruciale i consulenti finanziari.

Chiara Vitone

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