Le pensioni sembrano giocare un ruolo importante all’interno del dibattito politico. In vista delle elezioni del 25 settembre, durante la campagna elettorale la Lega ha puntato maggiormente su di esse, proponendo la cosiddetta uscita anticipata dal lavoro con Quota 41.
QUOTA 41: COME FUNZIONA
Tale misura prevede la possibilità di accedere al pensionamento anticipato una volta maturati 41 anni di contributi, senza limiti di età.
Attualmente è prevista una via d’uscita anticipata “ordinaria” basata sulla contribuzione maturata che consente il pensionamento per i lavoratori in possesso di 42 anni e 10 mesi e per le lavoratrici di 41 anni e 10 mesi.
Possono accedervi, tramite domanda all’Inps, i lavoratori precoci: si intendono quei contribuenti che prima dei 19 anni abbiano lavorato per almeno 12 mesi effettivi, anche non continuativi, e abbiano maturato l’anzianità contributiva necessaria al 31 dicembre 1995.
È facile comprendere come le platee beneficiarie sono solo i lavoratori che hanno iniziato a lavorare molto presto. Non ci sono effetti positivi per chi ha anzianità contributive inferiori e, pertanto, deve attendere il raggiungimento di un requisito anagrafico per l’andata in pensione.
Per cui un lavoratore che ha iniziato a lavorare a 18 anni potrebbe andare in pensione già a 59 anni, chi ha iniziato 10-15 anni dopo dovrà comunque attendere l’attuale requisito di 67 anni.
I COSTI
Nel 2021 l’Inps ha stimato i costi di un’estensione a tutto campo di Quota 41: più di 4 miliardi nel primo anno di attivazione per poi arrivare a superare la soglia dei 9 miliardi nell’ultima annualità di un percorso decennale.
Nel corso di un decennio, la spesa superiore rispetto al sistema attuale sarebbe di circa 75 miliardi, più di quanto l’Unione Europea ha concesso all’Italia come contributi a fondo perduto all’interno delle risorse per il Pnrr.
Il costo della misura andrebbe considerato almeno sul decennio successivo e non sul primo anno di applicazione. Ma la Lega ha lasciato intendere che la spesa aggiuntiva sarebbe più contenuta di quella stimata, continuando a spingere in questa direzione.
“Penso che questo diritto alla pensione valga 1,3 miliardi di quota 41 come calcolato dalla Cgil”.
Matteo Salvini preferisce, dunque, citare i numeri della Cgil, anziché affidarsi alle ben più attendibili stime dell’Inps.
Inoltre, è stato stimato come la modifica al sistema porterà dei vantaggi dopo il 2040, quando inizierà a registrarsi un risparmio dovuto ai minori assegni pensionistici a causa dell’uscita anticipata dal lavoro.
Per tutto il periodo precedente, però, continuerà a registrarsi una spesa pensionistica più elevata rispetto allo scenario attuale.
Dunque,75 miliardi nei primi dieci anni di implementazione della misura sembrano davvero troppi perché Quota 41 risulti sostenibile per le casse dello Stato.
POCHI VANTAGGI PER I GIOVANI
Matteo Salvini sostiene che tale strumento sarebbe in grado di “aiutare chi lavora da una vita ad andare in pensione e consentire a tanti giovani la possibilità di entrare nel mondo del lavoro”, lasciando intendere come il pensionamento anticipato di una quota consistente di “anziani” lascerebbe spazio sul mercato del lavoro ai più giovani.
Ma anticipare il momento della pensione non garantisce la sostituzione sul mercato del lavoro: se si guarda a quanto è già avvenuto con Quota 100 per ogni due lavoratori andati in pensione con la misura, è entrato sul mercato del lavoro un solo nuovo lavoratore, determinando un calo dell’occupazione.
Con Quota 41 si rischia di spendere una cifra di 30 miliardi superiore, senza garanzia di ottenere risultati diversi per i giovani, che sono coloro che si faranno carico dei costi della misura in futuro.
Chiara Vitone
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