Otto marzo, una giornata nata per ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche conseguite dalle donne nel corso dei secoli e non per commemorare un’immane tragedia come i falsi miti ci insegnano.
Tralasciando i festeggiamenti, a volte discutibili (ma son punti di vista), è importante fermarci e riflettere. Riflettere su tutti gli obiettivi, i diritti, le conquiste, riflettere su com’è cambiata la figura della donna nel corso dei secoli e come potrebbe cambiare.
Grazie al femminismo – movimento di rivendicazione dei diritti delle donne – negli ultimi anni abbiamo assistito a notevoli progressi. Basti pensare che le nostre antenate in Italia fino al 1946 non potevano votare.
Eppure in alcune parti del mondo molti diritti sembrano soltanto un ‘utopia. Il regime talebano, per esempio, sta deliberatamente perseguendo l’invisibilità delle donne afghane, derubate della loro integrità e identità.
Nei paesi occidentali, invece, le disuguaglianze legate al sesso “sembrano” superate rispetto a società più tradizionali. Tuttavia, persistono differenze ancora nel lavoro, nell’istruzione e nella vita domestica, nonostante lo sforzo dei movimenti femministi e i provvedimenti legislativi volti a favorire la parità.
Le donne hanno acquisito molti diritti ma ogni giorno si ritrovano a dover fare i conti con una società che paventa modernità ma che è ancora legata radicalmente a stereotipi. Su certi versi ancora retrograda.
Anche se, duole dirlo, molte volte le donne finiscono per essere influenzate dai contesti e dai giudizi, sentono di non potercela fare, diventando nemiche sé stesse.
“Cara bimba che sono stata”, esordisce la Chiara Ferragni ( imprenditrice e blogger ) quest’anno alla 73° edizione del Festival di Sanremo, “tanta gente mi conosce ed anche se non piaccio proprio a tutti piaccio finalmente a me stessa e questo è l’importante”.
Un messaggio forte, incisivo, chiaro, che in questa giornata (e non solo ) dovrebbe essere il mantra di tutte le donne. Sfruttando infatti un palco importante come quello di Sanremo l’imprenditrice continua il suo monologo, “la sua lettera aperta” per essere esatti, dove alla sua “bimba interiore” chiarisce dei punti che dovrebbero far riflettere. Una mossa coraggiosa la sua, che ha suscitato nel pubblico un’onda di empatia.
“In qualunque fase della mia vita c’era un pensiero nella mia testa: non sentirmi abbastanza! Ma in quei momenti non facevo altro che pensare a te bambina ed ho cercato i ogni modo di renderti fiera! Goditi il vento, vivi con tutta te stessa, piangi, arrabbiati, divertiti. La sfida più grande è sempre dentro te stessa.”.
Anche il monologo dell’altra Chiara – la bravissima e simpatica show girl Francini per l’esattezza – presente al Festival, ha dato modo a noi donne di riflettere su noi stesse, di guardarci dentro, toccando un tasto delicato come la maternità, che non deve essere vista come una tappa obbligata, ma come un momento che va raggiunto a tempo debito, per essere poi vissuto come un dono e una responsabilità.
“Arriva un momento della vita in cui è chiara che sei diventato grande: quando hai un figlio“, inizia così il monologo dell’attrice che ha anche il coraggio di mettere a nudo la paura più ricorrente delle madri del nuovo millennio: il terrore di non piacere ai propri figli.
“La parte più difficile è immaginarselo il bambino: e se viene troppo diverso da me?”
Monologhi belli, toccanti, che oggi vogliamo ricordare non solo per la loro intensità e scioltezza, ma soprattutto perché ci hanno permesso di elaborare ciò che a volte la nostra vita frenetica non ci permette di fare: meditare.
Meditare sulle donne che eravamo, meditare sulle donne che siamo, meditare sulle donne che in futuro vorremo essere. Essere donna non è un limite.
Federica Leonardi
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