Processo Aemilia: sequestrati beni per un valore di 10 milioni a Giuseppe Iaquinta, padre dell’ex campione
Sembra ieri, eppure da quell’esultanza, da quella corsa culminata con l’abbraccio di tutti i compagni di squadra sono passati quasi sedici anni. Hannover, Germania, 12 Giugno 2006: al minuto 83 della gara del girone E della Coppa del Mondo tra Italia e Ghana va in rete Vincenzo Iaquinta, attaccante dell’Udinese, fissando il risultato sul definitivo 2-0. Partita che è l’apripista alla trionfale cavalcata verso il titolo più ambito della storia del calcio, la Coppa del Mondo. Un traguardo inimmaginabile per Vincenzo, originario del paesino di Cutro, in provincia di Crotone. La sua è una carriera di buon livello, condita da tante presenze con squadre blasonate, tra le altre la Juventus; oltre che con la maglia della Nazionale e impreziosita da quella coppa che tutti i ragazzi innamorati del calcio sognano di alzare al cielo.
Vincenzo oggi non gioca più, ha 42 anni e finito nel dimenticatoio troppo presto anche a causa di una brutta vicenda che vede protagonista la sua famiglia. Avrebbe potuto dare tanto al mondo del calcio, da allenatore o dirigente, da esempio per tanti ragazzi che sperano di arrivare a vincere quello che ha vinto lui. Invece attorno a lui pare esserci terra bruciata.
Il padre Giuseppe, infatti, è stato condannato a 13 anni di reclusione nell’ambito del Processo Aemilia, coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna che ha portato all’arresto di 160 persone, di cui 117 in Emilia Romagna, accusate a vario titolo dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura, detenzione illegali di armi, reimpiego di capitali di illecita provenienza, emissione di fatture per operazioni inesistenti e altro. Al centro dell’inchiesta sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta al Nord c’è la ‘Ndrina dei Grande Aracri di Cutro, paese originario della famiglia Iaquinta.
Anche Vincenzo è protagonista di questo processo, infatti ha ricevuto una condanna a 2 anni per detenzione illecita di armi (senza l’aggravante mafiosa). Il suo legale ha spiegato il perché della presenza di quelle armi in casa sua: “Era miliardario e voleva difendere il suo patrimonio dai ladri”.
La reazione alle condanne inflitte all’ex campione è stata molto rabbiosa, ha dichiarato a gran voce la propria innocenza, oltre che quella del padre, sia dopo la lettura della sentenza nell’aula che all’esterno del Tribunale di Reggio Emilia, sia sui giornali che in televisione dove ha concesso una serie di interviste. Nelle sue parole si avverte la disperazione di un figlio che vede il proprio padre portato via per lungo tempo (oggi è nel carcere di Voghera) e il senso dell’ingiustizia: nel suo sfogo si lamenta che il fatto di essere meridionale, calabrese, sia stata la causa principale di una decisione così drastica.
Spesso però le ragioni del cuore sovrastano ogni altro pensiero. Il legame familiare è qualcosa che va oltre ogni immaginazione ed è pur normale che un figlio difenda fino allo stremo delle proprie forze il proprio padre. Ma la realtà dei fatti e delle vicende giudiziarie ci consegna un personaggio diverso da quello descritto da Vincenzo stesso.
CHI E’ GIUSEPPE IAQUINTA?
Giuseppe Iaquinta è accusato di essere appartenente alla ‘Ndrangheta e di aver operato nella cosca Grande Aracri di Cutro gestendo gli affari illeciti del clan in Emilia Romagna, regione dove è emigrato negli anni ’80 dalla Calabria. Affiliato da tantissimi anni, legato ai capi della cosca di ‘Ndrangheta da “solidi legami di amicizia” e da “comuni interessi negli affari”, è uno dei personaggi di spicco protagonisti del Processo Aemilia, che ha affermato con forza come la criminalità organizzata calabrese sia pesantemente infiltrata anche nel Nord Italia. Iaquinta tenta di ripulire una partita di dollari provenienti dall’estero, li ricicla creando un pool d’imprese per l’acquisizione di appalti e la realizzazione di villaggi turistici, in Calabria e non solo. Sono anni di investimenti ed egli partecipa a diverse riunioni con i boss della cosca per discutere di affari e politica. Appalti pubblici e investimenti immobiliari, speculazioni nel settore del mattone e nel movimento terra, Giuseppe Iaquinta era uno dei più noti imprenditori della zona e non solo perché il figlio era diventato una star del calcio nazionale.
Le accuse oltre che da varie indagini delle Forze dell’Ordine provengono anche dalle dichiarazioni di vari pentiti, alcuni anche di grosso peso all’interno della gerarchia criminale calabrese.
La prima sentenza del processo stabiliva per lui la pena di 19 anni di reclusione, poi ridotta a 13 in appello. Come già menzionato, attualmente si trova nella Casa Circondariale di Voghera.
ANCORA GUAI
I guai giudiziari non finiscono qui per Vincenzo e la sua famiglia. Infatti sulla scia dei provvedimenti giudiziari per Giuseppe c’è anche la misura di prevenzione patrimoniale disposta dal Tribunale di Bologna – Sezione Misure di Prevenzione eseguita dalla Direzione Investigativa Antimafia di Bologna.
Gli uomini della DIA infatti hanno eseguito nella giornata del 1° febbraio 2022 il sequestro di 2 società operanti nel settore dell’edilizia, 71 beni immobili, 2 autovetture e numerosi rapporti finanziari tra Reggio Emilia, Brescia e Crotone per un ammontare di 10 milioni di euro riconducibili all’imprenditore calabrese. Il provvedimento rientra tra quelli previsti nel Codice Antimafia, il d.lgs 159/2011 e vede come presupposti di applicabilità per tali misure, in sintesi, la qualificazione di persona “socialmente pericolosa” (ossia abitualmente dedita a fatti delittuosi, che vive con i proventi di attività criminosa o dedita alla commissione di reati contro la sicurezza o la tranquillità pubblica) e sproporzione tra il valore dei beni e dei redditi dichiarati o l’attività economica svolta, i beni aggrediti sono quelli nella disponibilità del soggetto anche per interposta persona fisica o giuridica.
Vincenzo Iaquinta nuovamente torna agli onori della cronaca non per notizie sportive, ma per le vicende riguardanti suo padre, le quali non potranno che arrecare pregiudizio ad uno degli eroi di Germania 2006.
Carmela Fusco
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