Il nuovo anno è sempre accompagnato da una lunga lista di buoni propositi, quelli che ognuno di noi nel suo piccolo ripromette a sé stesso e che quasi mai soddisfa. Ora, nel caso delle frivolezze che ci assillano molte volte rispettare o meno questa sorta di patto con il proprio io è irrilevante. Ma quando la faccenda diventa più seria, in quel caso sarebbe decisamente meglio tacere più che riempirsi la bocca di nobili intenti puntualmente disattesi. Il riferimento, nemmeno troppo velato, è a quanto sta avvenendo da quasi undici mesi in Ucraina.
Nel momento dell’imminente invasione russa abbiamo scelto di non cavalcare l’onda surfata ancora da improvvisati analisti e strateghi. Tranquilli, perché non lo faremo nemmeno ora che è passato così tanto tempo e chissà quanto ne passerà ancora prima che venga messo un punto a questa autentica follia.
Ciò che possiamo fare però (giacché tutti fortunatamente siamo dotati di un cervello) è esprimere un pensiero su quanto di drammatico ha portato il 2022 qui in Europa che si traduce più che altro in un profondo rammarico. Un sentimento che magari avrà assalito qualcuno quando solo poche ore fa ci siamo resi conto che saremmo entrati nel 2023 con un fardello così pesante ancora pendente sulle nostre teste.
Buoni propositi, perché no
E qui sta il punto. Tornando ai proverbiali ed abusati buoni propositi, basterebbe che ci chiedessimo (come mondo) il perché non abbiamo la piena volontà di far cessare le ostilità, perché permettiamo che bambini inermi possano vivere nuovamente Natale e Capodanno come l’hanno vissuto i loro nonni. Eppure, andare avanti cronologicamente significa progredire, in teoria. Non sempre però questo verbo è sinonimo di migliorare (ce ne siamo accorti abbondantemente).
A che punto siamo della nostra storia? Ad un punto morto, purtroppo. A ben vedere, lo spirito natalizio non ha pervaso affatto i cuori dei responsabili di tutta questa triste vicenda, anzi. Invece dei regali sono arrivate nuove bombe, contornate poi da aperture unilaterali e chissà quanto intenzionali a nuovi colloqui di pace.
Il tutto mentre nel resto del Pianeta guardiamo (noi in primis) con distacco a quanto sta accadendo e a quanto potrà accadere. Del resto, è risaputo che ci si dimentica facilmente delle cose. Fortunatamente c’è chi non vuole dimenticare, chi ha in testa un solo pensiero colorato di arcobaleno. Questa voce nel deserto è quella di Papa Francesco, guida suprema specie in questo periodo di attesa e di speranza, il quale ad oggi è rimasto ancora inascoltato, dopo mesi di appelli espliciti. Che bello sarebbe questo mondo se a capo di esso ci fossero personalità di questo spessore! Stiamo viaggiando troppo con la fantasia…
Tornando alla realtà e dovendo arrivare sempre ad una conclusione, potremmo proporre di rivoluzionare la “scaletta” canonica, accantonando dunque la pratica ormai ipocrita dei buoni propositi e pensare semplicemente ad agire. Anteporre i fatti alle parole risulterebbe la più grande rivoluzione del nuovo millennio.
Felice Marcantonio
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Sarebbe proprio una grande rivoluzione, fare i fatti. Se bastassero le parole, avremmo conosciuto grandi uomini, calpestato un mondo esemplare. Però, dovremmo iniziare a riflettere. E’ sufficiente uscire dalla solita finestra ed invitare a pregare per la pace in Ucraina? Bastano le preghiere? La storia insegna che la chiesa ha un enorme influenza politica, e una persona di spessore come il papa, non può limitarsi solo alle parole. Dispiace dissentire: solo parole, non si salva nemmeno il papa. I fatti raccontano ben altro. Nessuna differenza, solo la grande responsabilità di avvolgere il potere nel candore dorato della tonaca bianca. E nel contempo, dopo la morte, grandi manifestazioni religiose per il papa emerito, Benedetto XVI. Emerito per aver taciuto, sottaciuto, nefandezze nostrane alla chiesa? Dalle omelie al silenzio il passo è breve. E pure, non credo di star viaggiando troppo con la fantasia…di spessore nella chiesa vedo solo tanta ricchezza.