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Quante volte, navigando sul web, ti é capitato di non saper riconoscere un contenuto creato artificialmente da uno reale?

Sicuramente non poche.

Ora immagina che ciò accada nella vita di tutti i giorni: a scuola, al lavoro, mentre fai la spesa o sei al bar con amici.

Immagina di non saper distinguere un robot da un essere umano: uno scenario surreale che inizia a prendere forma.

Da poco infatti i ricercatori dell’Università di Tokyo, partendo da cellule umane coltivate in laboratorio, hanno creato una pelle artificiale da applicare ai robot.

Similmente a quella dell’uomo, questa pelle artificiale ha la capacità di rigenerarsi e di essere flessibile al punto di permettere all’apparato tecnologico di imitare la mimica facciale e le espressioni umane. 

É per questo che, più che di robot, oggi parliamo di androidi: ovvero apparecchiature artificiali con sembianze umane, non solo a livello estetico ma anche nella programmazione, in quanto inglobano sempre di più capacità antropologiche come l’empatia.

Questa creazione apre le frontiere verso una nuova comunicazione uomo – macchina, che può risultare vantaggiosa e benefica.

Pur essendo questo uno scenario a dir poco innovativo, esso però pone anche questioni etiche da non sottovalutare.

Basti pensare all’ambito dell’educazione infantile: se da un lato la costruzione e successiva introduzione degli androidi nelle aule potrebbe incrementare le skills degli allievi, dall’altro ci si chiede quali effetti sociali e psicologici provocherebbe nei bambini affezionarsi ad una macchina.

Se in questo caso l’inserimento di apparecchi robotici é abbastanza criticato, nel settore assistenziale invece risulta essere una possibilità piuttosto vincente. Gli androidi, infatti, potrebbero giovare alla salute di coloro che, per un qualsiasi motivi, sono costretti nella solitudine. 

La natura robotica, sempre più vicina a quella umana, pone molti dubbi ed é oggetto di pareri discordanti:

che l’invenzione della pelle sia l’innovazione di cui avevamo bisogno per interagire al meglio col mondo della tecnologia, o invece é solo il primo passo verso una realtà sempre meno reale?

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