Un inconsueto ritrovamento è avvenuto nel cuore del Palazzo Reale di Napoli, protagonista il “poeta dell’infinito”
La straordinaria scoperta è di pochi giorni fa : è stato ritrovato un manoscritto inedito di Giacomo Leopardi, conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli. Le stanze che furono dei Borbone – e che qualche anno fa hanno ospitato una mostra originale relativa proprio al poeta – svelano la storia della letteratura italiana, attraverso un fondo nel quale sono racchiusi elementi inediti relativi al celebre autore recanatese.
Nel “quadernetto” ritrovato – formato da 4 mezzi fogli, ripiegati nel mezzo per un totale di 8 facciate – è sbucata una misteriosa lista numerica. Si tratta di una lunga e amplia lista alfabetica di autori antichi e tardo antichi, circa 160 lemmi ciascuno dei quali seguito da una serie di riferimenti numerici (oltre 550 nel complesso), che testimoniano lo studio “matto e disperatissimo” che già da giovane il poeta aveva intrapreso, frequentando la biblioteca paterna a Recanati. La raccolta di autori ci aiuta a comprendere maggiormente le fonti da cui Leopardi attingeva il proprio sapere già dalla fanciullezza: l’opera dovrebbe infatti risalire al 1816, quando il poeta aveva solo 16 anni.
Il manoscritto giovanile – appartenente alle famose carte napoletane – era rimasto inedito e fino a questo momento non aveva mai visto la luce. Il ritrovamento e l’analisi sono stati messi a punto da Marcello Andria e Paola Zito che ne hanno curato la pubblicazione per Le Monnier Università nel volume “Leopardi e Giuliano imperatore“. All’interno dell’autografo, è stato ritrovato un chiaro riferimento a Giuliano l’Apostata che cita se stesso (“Iulianus se ipsum nominat”). Questa annotazione ha aperto un mondo.
Quella lista di autori antichi era riferita proprio all’Opera omnia di Giuliano imperatore, nell’edizione di Ezechiel Spanheim, apparsa a Lipsia nel 1696 e custodita nella biblioteca di Recanati ancora oggi.
Giuliano l’Apostata è stato un imperatore latino passato alla storia con questo appellativo perché colpevole di apostasia (dal greco apostasía, ribellione), per aver pubblicamente rinnegato la fede cristiana. La sua figura è stata offuscata fino alla metà del XVI secolo e riscoperta solo nel Settecento ad opera soprattutto degli illuministi. Anche per questo motivo, l’inedito leopardiano ritrovato riveste un ruolo ancora più importante.
Sono pagine e pagine di appunti e fogli di formazione, accurati dalla sua ancora acerba ma non inesperta penna e che rappresentano l’essenza di quello che Leopardi sarà e ciò che realmente è divenuto con il trascorrere del tempo.
Leopardi ha avuto un legame profondissimo con Napoli, la città che lo aveva accolto dopo la fuga da una realtà troppo stretta. Napoli fu un antidoto al dolore e al tempo stesso aggravante per la sua esistenza. E’ qui che trovò ispirazione per “La ginestra”, qui coltivò l’amicizia con Antonio Ranieri e qui morì nella primavera del 1837 ai piedi del Vesuvio, di fronte al mare. Le sue spoglie sono custodite al Parco Vergiliano a Piedigrotta, immenso orgoglio per la città.
Scriveva di Napoli: “amo la dolcezza del clima, la bellezza della città e l’indole amabile e benevola degli abitanti mi riescono assai piacevoli”.
Loredana Zampano
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