Una lingua influisce sul nostro modo di pensare semplicemente perché, se non siamo in grado di dare un nome ad una cosa o ad uno stato d’animo, non siamo spesso in grado neanche di pensarlo. La lingua che parliamo dunque incide sul nostro immaginario, non poco. Più parole impariamo più siamo in grado di esprimerci. Nelle lezioni di linguistica spesso si fa l’esempio di tutti i modi che gli eschimesi hanno per indicare la parola neve: si dice che siano quattro o cinque ed indicano una sfumatura di significato diversa. Neve fresca, neve ghiacciata, neve che cade, ma questo non significa che per gli eschimesi la neve sia una cosa più importante di termini come onestà o virtù per cui hanno invece una sola parola, ma è chiaro che la loro percezione della neve sia più significativa di una persona che è nata al mare.
PAROLE INTRADUCIBILI IN ITALIANO
Ci sono tante parole di altre lingue che in italiano non trovano un corrispettivo o che devono essere espresse attraverso delle perifrasi. Si può citare ad esempio dal tedesco la parola “weltanschauung” che significa “visione del mondo”, oppure i quattro modi che il greco antico aveva per indicare amore: “storghé” indica l’amore parentale e famigliare, “philia” indica l’amore per un amico, “eros” indica l’amore erotico ma anche romantico, mentre “agape” indica l’amore più prettamente spirituale. O ancora in altre lingue moderne la famosissima parola “saudade” in portoghese che indica la sensazione di nostalgia per qualcosa che risulta distante nello spazio e nel tempo. Si può provare saudade per qualsiasi cosa, anche per persone mai conosciute o posti mai visti prima. C’è anche la parola “tarab” dall’arabo che indica la sensazione di benessere ed estasi quando si viene rapiti da una melodia. Sono concetti complessi da esprimere in italiano ed è straordinario notare come invece, in un altro sistema linguistico, siano racchiuse in un unico vocabolo.
PAROLE ITALIANE CHE NON TROVANO UN CORRISPETTIVO IN ALTRE LINGUE
È vero anche l’inverso però: alcune parole italiane sono intraducibili in altre lingue. Siamo un popolo per cui il cibo è fondamentale, abbiamo sentito l’esigenza di coniare una parola che indichi la stanchezza e il senso di sazietà dopo aver mangiato tanto con il termine “abbiocco”. O ancora la parola “meriggiare”, estrapolata da una poesia di Eugenio Montale, che indica l’atto di riposare all’ombra nelle prime ore del pomeriggio, all’aperto, in una giornata di sole, perfetta rappresentazione di uno stato di quiete a contatto con la natura. Emblematica espressione italiana è anche “boh”, tipica di un contesto informale. Tullio De Mauro la classifica come parola onomatopeica: ciò significa che è la trascrizione del suono che facciamo quando esprimiamo tale stato d’animo. La particolarità di questo vocabolo è che può cambiare significato a seconda del contesto e del tono di voce: dallo scetticismo all’impossibilità di conoscere la risposta ad una domanda. Per esprimere lo stesso concetto altre lingue hanno bisogno di almeno due parole.
I DIALETTI E LE LINGUE MINORITARIE
Quando si parla di lingue però spesso non si considerano i dialetti o le lingue minoritarie, per il fatto di essere parlate da poche persone vengono ritenute inferiori ma portano con sé un mondo e un modo di vedere le cose differente. L’Italia è costellata da dialetti che possono persino cambiare molto a pochi chilometri di distanza in una stessa regione, tanto che persone che abitano vicino non si capiscono quando parlano il proprio dialetto. Queste lingue sono state percepite spesso come sinonimo di ignoranza per questo motivo stanno sparendo col tempo, di generazione in generazione. Un modo per nobilitarle è la musica. Abbiamo avuto il primo esempio di musica interamente in dialetto al Festival di Sanremo con Geolier che canta in napoletano, ma questo può essere un modo per nobilitare altre lingue minoritarie. È un peccato che determinati sistemi linguistici spariscano perché sparirebbero anche punti di vista diversi sul mondo che abitiamo, è importante quindi preservarle e cercare di utilizzarle il più possibile per non dimenticarle.
Alessandra Cau
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