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Non tutti conoscono il Cristo crocifisso di Michelangelo Naccherino, uno dei maggiori scultori del ‘500.

L’opera in questione è conservata a Napoli, precisamente nella chiesa di San Carlo all’Arena in via Foria, l’appellativo all’Arena è dovuto ai detriti (la rena, detriti in napoletano) che dalle colline di Capodimonte scendevano lungo il vallone antistante alla chiesa.

Il modello del Pantheon di Roma fu di grande ispirazione durante la progettazione di questa chiesta, infatti fu costruita  a pianta elittica, con sette altari, sei cappelle laterali e una grande cupola di copertura.

Inizialmente il progetto fu affidato al frate-architetto Fra Nuovo ma dopo vari anni le redini passarono all’ architetto De Cesare che nel 1700 la inagurò nonostante i lavori di facciata terminarono nel 1756.

Il Cristo lo possiamo trovare custodito nel secondo altare sulla destra; la scultura è ricavata da un grosso blocco di marmo che per i primi anni era situato nella Cappella dei Duca di Caselluccia nella chiesa dello Spirito Santo in via Toledo ma a causa dei lavori di manutenzione fu spostato.

Purtroppo però nel 1923 la chiesa di San Carlo all’Arena subì un incendio e il crocifisso precipitò sul pavimento frantumandosi in mille pezzi.

Grazie ai lavori di restauro si riuscì a restituire alla chiesa un Cristo ferito adagiato su un tappeto di velluto rosso con varie cicatrici che hanno accentuato la sofferenza della sua morte.

Oggi il Cristo ferito viene paragonato al Cristo velato (conservato nella cappella di Sansevero di Napoli).

Proprio per la loro “realisticità”, entrambi suscitano grande devozione da parte dei fedeli ed emozionano chiunque si trovi davanti ad essi.

Martina Bennato

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