“Utopia” è una parola derivante dal greco antico che indica essenzialmente un “non luogo”, un posto che non esiste. Ragioniamo spesso su questa parola, soprattutto al giorno d’oggi, con la pandemia a stravolgere il nostro mondo nel quale un’utopia ci sembra quella di tornare alla nostra vita di prima.
Un termine, dunque, inteso non in senso prettamente empirico, un luogo fisico, ma traslato in senso figurato ad indicare aspirazioni e sogni che ognuno di noi possiede, o così si spera!
Un’utopia mi è sembrata, nella fattispecie, un’idea che ebbi circa un anno fa. Ragionai su una frase pronunciata da qualcuno, che recitava così: “il miglior modo per distruggere un’utopia è realizzarla”, “o almeno provarci”, dissi tra me e me. Sì, proprio così! Basta lamentarsi che “tanto le cose non cambieranno mai”; basta col dire “qui al Sud non c’è futuro”.
Basta!
C’è da fare, semplicemente fare, pensai. Un verbo che, se messo in pratica, può far nascere grandi cose o, più modestamente, può far nascere un qualcosa, può farlo esistere e non è poco!
Ergo, la mia utopia nasce sicuramente da un mix di rabbia e rancore, dettate dalla realtà che vivo qui, nel Mezzogiorno d’Italia; una terra in cui prevale il pessimismo velato da una sottile nostalgia, immaginando un “non luogo” che non c’è mai stato se è vero, come disse Pino Aprile, che “l’impoverimento del Meridione per arricchire il Nord non fu la conseguenza, ma la ragione dell’Unità d’Italia”.
Una verità a metà questa, a mio modo di vedere.
Certo è che la “questione meridionale” è un fardello da secoli. Ma, mi dico, tale “questione” esiste anche per la diffusa passività che alberga tra la gente del Sud, perché “le cose sono state sempre così” e basta, non si possono cambiare. Accontentarsi di una realtà così scontata, già data per perduta, senza possibilità di migliorarsi, credo sia un po’ come morire ogni giorno.
Bisogna sentire il dovere di cambiare le cose, o almeno provarci.
Così si pronunciò un giorno un grande italiano, Adriano Olivetti:
“Spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare.” Che grande verità, questa!
Usciamo dal “non luogo”!
Alziamo la testa e facciamoci venire la voglia di fare, insieme! Da soli si cammina poco.
La mia utopia di oggi è questa: restituire dignità ad una terra che non ne ha mai avuta, una terra ammirata solo con lo sguardo da turista, anche da noi che la viviamo.
Spero che questa avventura ci gratifichi e faccia star bene chi ci seguirà. Siamo poco più di una decina, ragazzi e ragazze meridionali con una motivazione rara: l’auspicio è diventare molte più sfumature ma sempre con un’unica “Voce del Sud”.
Sognare non costa nulla! Ma bisogna farlo insieme, perché è una convinzione ormai radicata quella suggerita da un proverbio africano che recita: “se si sogna da soli resta solo un sogno, ma se si sogna insieme è la realtà che comincia”.
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