Dopo 1221 giorni, è stata pronunciata la tanto agognata parola “fine”. Il 5 maggio 2023 verrà ricordata come una giornata storica per la pandemia Covid-19
La conferenza
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato ufficialmente la fine dell’emergenza sanitaria scoppiata circa tre anni prima, nel marzo 2020. Anni che hanno causato, secondo le stime, circa 20 milioni di decessi. Ad annunciarlo il direttore generale Tedros Ghebreyesus, in un’attesissima conferenza stampa a Ginevra.
“Con grande speranza dichiaro la fine di Covid-19 come emergenza sanitaria globale, ma comunque questo non significa che il Covid sia finito in termini di minaccia”.
La fine dell’emergenza non indica, infatti, che il pericolo sia definitivamente scampato. Resta il rischio di nuove varianti emergenti che possono causare altre ondate di casi e morti.
Il monito: “La cosa peggiore che i paesi possano fare ora è usare questa notizia per abbassare la guardia, smantellare il sistema che hanno costruito e lanciare alla gente il messaggio che il Covid non è più qualcosa di cui preoccuparsi”.
Da qui una promessa solenne fatta alle future generazioni: “non rifaremo gli stessi errori“.
I primi casi
Anche se ufficialmente la si riconduce a marzo 2020, i primi casi di quella che all’epoca veniva chiamata “polmonite ad eziologia ignota” risalgono al 31 dicembre 2019.
Da qui la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan segnalò all’OMS una serie di casi nella provincia cinese di Hubei, presentandosi come un virus diverso da tutti quelli conosciuti sino a quel momento.
Si dovrà attendere il 20 gennaio: la conferma della nascita di una nuova malattia virale in grado di trasmettersi da uomo a uomo. Dalla Cina si è diffuso il contagio, superando i confini per raggiungere a livello globale anche tutto il resto del mondo.
Il primo lockdown
Inizia il primo lockdown di massa della storia. Le immagini che giungono dalla Cina sono surreali: strade deserte, servizi ridotti al minimo. Nessuno immagina che le stesse misure verranno varate anche in Italia poco più di un mese e mezzo dopo.
L’inizio della prima ondata, infatti, è datata 21 febbraio quando viene identificato quello che sarà il paziente zero, a Codogno. L’aumento dei casi porterà il governo a dichiarare lockdown nazionale l’8 marzo 2020.
Data la situazione, solo successivamente l’OMS dichiara lo stato di pandemia. Terminata la primavera, in autunno-inverno una nuova ondata coinvolge gran parte dell’Europa e degli Stati Uniti.
Gli anni successivi
Il secondo anno di pandemia è stato caratterizzato dalla presenza di varianti. Quella Alfa, soprattutto, si caratterizzò per una maggiore trasmissibilità rispetto alle altre varianti circolanti, comportando un maggior numero di infezioni e un aumento del numero di casi gravi.
Ma il 2021 verrà ricordato, in particolare, come l’anno dei vaccini. Milioni di persone cominciano a beneficiarne: l’ultimo report OMS afferma che le vaccinazioni contro Covid-19 hanno salvato oltre un milione di vite in Europa, per la gran parte persone oltre i 60 anni.
Ma dannosi sono stati gli effetti psichici sugli individui, in particolare sui giovani e sulle persone psicologicamente più fragili o più esposte alla crisi economica derivante dall’emergenza sanitaria.
L’anno dopo, la pandemia ha avuto una tendenza al ribasso, con l’aumento dell’immunità della popolazione a causa di vaccinazioni e delle infezioni. Si è assistito ad una diminuzione della mortalità e l’allentamento della pressione sui sistemi sanitari. Questa tendenza ha permesso alla maggior parte dei paesi di tornare alla vita come la conoscevamo prima.
Ad oggi il virus non ha ancora assunto un carattere stagionale, come nel caso degli altri virus influenzali, ma gli addetti ai lavori si aspettano che ciò accada. Nel frattempo, occorrerà continuare a monitorare l’andamento della circolazione virale.
“Ora abbiamo gli strumenti e le tecnologie per prepararci meglio alle pandemie, per individuarle prima, per rispondere più rapidamente e per mitigarne l’impatto“, ha concluso il direttore dell’OMS.
Chiara Vitone
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