” Terrone ” è un termine di origine medievale stante a designare letteralmente i ” legati alla terra”.
Col tempo, questo epiteto che attribuiva una caratterizzazione neutra ad una classe specifica di individui, assunse tratti più marcatamente dispregiativi.
Infatti, nel XX secolo, “terrone” era il vocabolo con il quale si distingueva nel Nord Italia l’originario del Meridione. Siamo in un periodo di grandi migrazioni di gente del Sud che, in mancanza di opportunità lavorative nella propria terra natia, emigrava verso le città industrializzate settentrionali in cerca di fortuna.
Preme sottolineare che” terrone” non veniva usato in senso vezzeggiativo, o per lo meno ciò avveniva in rari casi; il meridionale, terrone appunto, per i nordisti incarnava ogni possibile qualità negativa: rozzezza, sporcizia, ignoranza. Quasi un uomo primitivo che non aveva ancora conosciuto la civiltà.
Eppure la sua manodopera faceva comodo, eccome!
È singolare pensare, continuando in un percorso cronologico-aneddotico, che a Trento, durante il secondo conflitto mondiale, ” Terronia” era definita una zona ben precisa, l’Italia meridionale appunto.
Tutto ciò è riportato nel volume “Parole e storia” di Bruno Migliorini.
Questo ci fa riflettere su quanto fosse in ritardo, persino in tempi eccezionali come una guerra, dove il sentimento di appartenenza ad un’unica nazione sarebbe dovuto emergere in tutta la sua evidenza, il processo forse mai davvero avviato, nemmeno dal conte Cavour nell’Ottocento, di effettiva unità d’Italia.
La distinzione tra un Nord ed un Sud Italia rimase un pregiudizio comune nella mentalità italiana e non solo. Essa è ancora una sorta di ” idea innata”, avrebbe detto Platone.
Ed effettivamente, continuando il viaggio nel corso della storia, deviando verso nuovi orizzonti quali ad esempio la musica o il cinema, prenderei come esempio altre situazioni in cui, ironicamente, nella fattispecie, si parla dei terroni.
Il gruppo musicale dei 99 posse, in un suo brano canta testualmente: “Terrone, ignorante, magnate ‘o ssapone, lavate cu ll’idrante.”
Andando più a ritroso, il mito Antonio de Curtis, nella sua opera ” Totò lascia o raddoppia” butta lì questa frase:”Fugono, non fungiono! Hai capito? Terrone!”
Segni tangibili, questi esempi, di uno stereotipo, quello del ” terrone”, ormai consolidato.
Ho usato il tempo presente prima, riferendomi all’idea platonica, perché ahimè!, nei tempi attuali la discriminazione, così va definita, verso il Sud Italia è ancora forte.
Ancora più scioccante il fatto che venga palesata da alti funzionari della politica, dal neo Presidente del Consiglio, davanti all’organo che dovrebbe rappresentare in toto la massima espressione di democrazia, il Parlamento.
In occasione del voto di fiducia alle Camere per il neonato governo da egli capeggiato, il prof. Mario Draghi si lascia andare a questa considerazione: ” Nella replica di ieri, a proposito dello sviluppo nel Mezzogiorno, ho detto: sì, certo, c’è il credito d’imposta, ma la prima cosa è assicurare legalità e sicurezza. Gli altri strumenti si possono usare, si devono usare, ma se manca quella base…” (seguono applausi)
Credo che il tutto si commenti da solo. Ma vale la pena rifletterci su ‘ giacché almeno lo spirito critico nessuno potrà mai togliercelo!
Il professore in questione sottolinea come al Sud la legalità latiti.
Ma, alla constatazione mi auguro seguano fatti per invertire la rotta!
In più rifletto sul fatto che magari, da queste parole, il Nord appaia come la “terra della legalità”; me ne compiaccio lì per lì, ma è un’utopia bella e buona dato che i fatti tangibili ci descrivono di una criminalità mafiosa, giudicata anche questa prerogativa meridionale, ben radicata nel settentrione.
Le parole di un Primo Ministro dovrebbero dare speranza!
Pertanto resto costernato nel momento in cui viene palesata una mancanza di attenzione secolare verso il nostro amato Mezzogiorno e in più si sceglie la strada della rassegnazione, della stagnazione.
Quegli ” applausi ” che hanno accompagnato una infelice considerazione simile, nel cuore di un ragazzo del Sud come me fanno ancora più male, poiché sono la prova evidente di un assenso nocivo.
Dopo la costernazione e l’indignazione che mi hanno assalito in un primo momento, il lato positivo in me l’ha fatto da padrone.
Ha preso totalmente il mio animo un personaggio simbolo del
” riscatto meridionale “, Massimo Troisi. Grande attore napoletano, egli era fiero di essere nato al Sud; non perdeva occasione per manifestarlo pubblicamente, come quando disse orgogliosamente: ” Penso, sogno in napoletano. Quando parlo italiano mi sembra di essere falso.”
Quello di Troisi era un campanilismo non chiuso in sé stesso, ma integrativo. Conscio della situazione, della mancanza di fiducia verso il meridione e i meridionali, il comico di San Giorgio a Cremano, con la forza della parola, tagliente nella sua satira, riusciva a riscattare idealmente un popolo intero con lo strumento più diffuso qui al Sud:la risata! La dote che nessuno ci toglierà mai.
Rifletto ancora su un’altra considerazione di Troisi: ” A disoccupazione pure è un grave problema a Napoli, che pure stanno cercando di risolvere… di venirci incontro… stanno cercando di risolverlo con gli investimenti… no, soltanto ca poi, la volontà ce l’hanno misa… però hanno visto ca nu camion, eh… quante disoccupate ponno investi’? […] cioè, effettivamente, se in questo campo ci vogliono aiutare, vogliono venirci incontro… na politica seria, e ccose… hann’ ‘a fa’ ‘e camiòn cchiù gruosse.”
Massimo portò la ” questione meridionale ” nel suo mondo. La portò sulla scena, da neo realista, e la sviluppò proponendo soluzioni.
Non parole al vento, ma una ” politica seria”, riforme corpose che lui chiama “camiòn cchiù gruosse.”
È lui il modello da seguire per la mia generazione che, costruttrice del futuro, avrà il compito di invertire la rotta per unire davvero e finalmente un paese ancora ideale chiamato “Italia.”
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