A Taranto si è appena chiuso un mese decisamente travagliato, “ciliegina” perfetta in chiusura di un anno in cui l’ex Ilva ha rappresentato la solita torta che puntualmente ti presentano al tuo compleanno ma, chissà perché, chi la prepara non azzecca mai il tuo gusto preferito.
Procedendo in rigoroso ordine cronologico partiamo da dove c’eravamo lasciati, ovvero all’appuntamento del 30 novembre fissato come ultimatum per la presentazione delle offerte vincolanti relative all’acquisizione dell’impianto siderurgico. A tal proposito, nel Paese in cui procrastinare è il verbo preferito da tanti il governo ha deciso di chiudere la seconda fase negoziale in data 10 gennaio. Adesso arrivano le feste, d’altronde…
Ex Ilva: Baku Steel unica speranza?
Sullo sfondo l’unico gruppo che ad oggi ha mosso passi concreti per diventare il nuovo proprietario dell’ex Ilva è Baku Steel, società azera tanto lungimirante (esporta in 20 Paesi) quanto filantropica (in patria contribuisce da anni alla ricostruzione dei territori sgretolati dalla dissoluzione dell’URSS). Rappresentanti del più grande produttore d’acciaio del Caucaso si sono presentati già svariate volte in visita a Taranto, segno di un certo pragmatismo che al momento vede l’Azerbaigian in pole position per fissare la propria bandiera nella città dei due mari.
A ciò si aggiunge la preferenza, neanche troppo velata, dell’esecutivo italiano per la soluzione azera. I rapporti tra i due Stati, infatti, si stanno intensificando sotto diversi aspetti, come testimoniato dalla recente visita a Baku del ministro della Difesa Guido Crosetto.
L’asso nella manica per sbaragliare la concorrenza, però, è un altro: la politica green adottata e portata avanti in maniera quasi ortodossa da Baku Steel. Dici verde e non pensi di certo a Taranto; chissà se davvero quel marrone scuro che caratterizza le facciate degli edifici del centro ionico potrà gradualmente essere sostituito da tonalità più chiare, così da congiungere idealmente cielo e terra…
Ex Ilva di Taranto: tra sogni (pochi) e realtà (sempre più triste)
Accanto al sogno della famigerata decarbonizzazione c’è da fare i conti con una realtà che lascia ancora poco spazio ai sorrisi per i volti dei tarantini, sempre più esasperati, confusi e, per certi versi, rassegnati. Sono in tanti a chiedersi solamente se moriranno oggi o domani perché più in là con lo sguardo non conviene guardare.
Tra il 12 e il 13 novembre sono stati lanciati altri due allarmi; nel primo caso l’Ordine degli infermieri ha dichiarato il rischio sanitario per tutta la città. In secondo luogo è stata la Regione Puglia a ribadire che l’ex Ilva rappresenta una minaccia concreta per la salute di chi vive nel capoluogo ionico.
Come se non bastasse, dalle parole si è passati ai fatti quando a metà novembre i carabinieri del NOE hanno sequestrato nuovamente l’area BRA 2, passata già alla cronaca per i rifiuti inquinanti rinvenuti nei sotterranei. Contaminazione che poi interessò anche le falde acquifere il cui controllo qualitativo, come si accertò diversi anni più tardi, era affidato non agli organi sanitari competenti bensì al personale interno alla fabbrica! Nello stesso giorno in cui sono stati posti nuovi sigilli alla zona incriminata, nel porto di Taranto è arrivato un nuovo “mostro”, ovvero la nave Gemma con un carico di oltre 3000 tonnellate di materia prima utile al funzionamento dell’acciaieria.
I tarantini sono italiani?
Così, mentre la natura fa il suo inesorabile corso la mano dell’uomo ci mette ancora del suo per contribuire al disastro ambientale. Si precisa, inoltre, un particolare voluto evidentemente dal destino nefasto che a Taranto ormai ha preso residenza.
Novembre, infatti, è stato anche il mese dell’insediamento di Raffaele Fitto a Bruxelles, in qualità di vicepresidente della Commissione europea. Lo stesso che da ministro del governo Meloni ha firmato nel 2023 il decreto “Salva Ilva”, difatti dando il proprio assenso al perpetrarsi di un crimine contro i cittadini, pugliesi come Fitto ma evidentemente sacrificabili in nome di logiche molto meno sentimentali. Sentire direttamente dal Presidente del Consiglio parole quali “vittoria per gli italiani” in riferimento al nuovo incarico dato al suo fido scudiero fa’ inorridire gli sfortunati protagonisti di una vicenda triste e scandalosa e, più in generale, altera lo stato d’animo di tutti coloro i quali hanno scelto di non girarsi dall’altra parte; sono questi gli italiani che gridano giustizia e che, di certo, da Raffaele Fitto e soci non si sentiranno mai rappresentati.
Giustizia per Taranto
Giustizia. Parola lontana da Taranto, più che mai in queste settimane data la sentenza di condanna per 8 genitori del quartiere Tamburi “colpevoli”, nel 2019, di aver occupato pacificamente il Consiglio comunale chiedendo un diritto inossidabile: la salute per i propri figli.
A fronte di notizie simili viene naturale concludere con parole prese in prestito dal genio di Lucio Dalla che, proprio a fine anno, si mise a scrivere ad un amico lontano per distrarsi un po’. Lo faccio anch’io, quantomeno per suggerire a chi può, a chi deve agire di mettere la questione ex Ilva di Taranto in cima alla lista dei “buoni propositi” per il 2025.
Felice Marcantonio
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