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Pubblicato il 14 Aprile 2023, “Elvis” segna il ritorno sulle scene dei Baustelle a quattro anni di distanza da “L’amore e la violenza vol.2”.

Dopo aver scavato a fondo nell’animo umano con i testi del capolavoro “Fantasma”, in dialogo con un’intera orchestra sinfonica e dopo averci regalato ben due dischi in due anni, caratterizzati dal raffinato gusto definito dal frontman Francesco Bianconi “oscenamente pop” con L’amore e la violenza, i Baustelle cambiano nuovamente abito e omaggiano, senza rinunciare alle armonie e ai testi che li hanno resi una pagina importante del panorama pop/rock italiano, non solo il mito Elvis Presley (nella parte più finale della sua carriera prima della morte), ma tutto il filone musicale rock ‘n roll anni ‘60 e ‘70.
Una scelta artistica che aggiunge un nuovo tassello alla carriera della band toscana e che ultimamente riecheggia non solo a livello musicale, ma anche nel mondo della moda e della cinematografia.
Poche settimane fa abbiamo avuto modo di approfondire la figura di Lucio Corsi, cantautore toscano strettamente legato all’immaginario rock sopracitato nonché ai Baustelle e a Bianconi stesso, seppur lontano dal punto di vista della scrittura.


Proprio la scrittura di Bianconi è uno dei capisaldi dello stile Baustelle, da sempre capace di muoversi tra citazioni alte e linguaggio popolare, talvolta volgare all’eccesso, muovendosi come sempre tra storie di vita decadenti, senza rinunciare alla politica, l’attualità, la vita e la morte.
Dopo la classica pausa di tre o quattro anni, ormai certezza del ritmo discografico del trio e in generale di chi decide di prendersi il giusto tempo per organizzare le idee e creare un prodotto di qualità, c’è stata lo spazio anche per l’uscita del secondo album solista di Rachele Bastreghi e del primo di Bianconi con l’album Forever.
Ad un primo ascolto l’ennesimo rinnovamento è palese, tuttavia alcuni tratti dello stile Baustelle sono nascosti e necessitano di più ascolti per essere colti.

Andiamo ai rave, scritta prima del famigerato decreto, funge da introduzione al disco e denuncia il mondo dello sballo e dei rave party prendendo come modello due giovani e il loro bisogno di divertimento estremo “per non vedere il vuoto mai dentro di noi”.
Contro il Mondo è il primo singolo estratto e ci aveva illuso di un ritorno nostalgico al sound familiare di Amen, raccontando una storia d’amore finita male.
La nostra vita è ispirata ad una poesia di Louise Gluck, premio Nobel alla letteratura, e canta in maniera nostalgica l’amore, perfino quello finito, come metodo per rimanere vivi e combattere il dolore.
Purtroppo per un “purista” dei Baustelle come me, Milano è la metafora dell’amore è un esperimento dalle sonorità Beatlesiane che in parte disturba l’andamento della tracklist senza lasciare il segno.
Al contrario Jackie fantastica su una drag-queen incontrata per strada e riflette sul suo dualismo uomo-donna, sull’omofobia che lo circonda e sulla sua vita sessuale che la aiuta a fuggire dalla noia.
Los Angeles e Gran Brianza lapdance asso di cuori stripping club (forse c’era un modo di trovare un titolo più “smart”) sono a mio avviso due degli apici del disco, due tracce che meglio riescono nell’intento di rivitalizzare il sound dei Baustelle senza forzature.
Nella prima la storia è quella di una cameriera che vuole fuggire dal bar dove lavora, alla ricerca della felicità effimera raccontata dalle superstar di Los Angeles, mentre alla televisione scorrono le immagini della guerra in Ucraina.
La seconda è la storia di un uomo che si innamora di una spogliarellista e musicalmente è il manifesto di questo album: i fiati, le chitarre gracchianti, il coro gospel, la musica che negli ultimi anni si era distaccata dall’atto stesso di eseguirla materialmente che finalmente riemerge nel suo lato più autentico e artigianale, rendendo (spero) maggiormente soddisfatti gli interpreti.

I fan più accaniti e soprattutto attenti sapranno che i Baustelle regalano delle perle soprattutto nelle ultime tracce di tutti i dischi e questo fortunatamente non fa eccezione.
Così come nell’amore e la violenza
Il regno dei cieli nasce come flusso di coscienza fatto di immagini d’infanzia e adolescenza di Bianconi, interrotto dal ritornello che lo stesso autore indica come “la mia idea di Dio”:

Il Regno dei Cieli è il montaggio, non l’intero girato
È la nebbia che copre l’entità dell’assente e ci nasconde le prove
Che la vita dell’uomo è poco significante
Ci protegge dal niente

Fare un’analisi sommaria dell’ultima traccia del disco è quasi impossibile.
Già ne L’amore e la violenza vol.1, Bianconi ci aveva aperto una finestra nella sua vita privata dedicando una canzone alla figlia, questa volta invece decide di scavare più affondo e fornirci delle immagini di Francesco bambino.
Rachele Bastreghi fornisce un’interpretazione da manuale, esaltando il testo intimo e struggente, nonchè autobiografico di Bianconi, del quale non voglio in alcun modo rovinarne la fruizione anticipandone il significato.

Cuore dentro un buco, sulla strada, in hotel
Nella casa, sulla croce, ti avevo abbandonato
Ti ho riconosciuto e oggi torni da me
Tutte queste cose finalmente, crescendo, so


Dopo voci infondate di separazione e una totale rivoluzione nei musicisti collaboratori sia in studio che dal vivo, i Baustelle torneranno per un tour estivo dal sapore energico, senza rinunciare agli spunti di riflessione e, per gli amanti del sapore agrodolce, il velo di “dolce amarezza” che ci accompagna fin dagli esordi della band.


Antonio Montecalvo

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