L’uomo oggi può avvalersi di tutti gli strumenti per trascorrere al meglio la sua vita e la durata di questa rappresenta di gran lunga un traguardo di non poco conto. Questo è stato possibile grazie alla scoperta di tutte quelle cure che oggi permettono la guarigione di malattie prima devastanti. Nonostante ciò, anche tutt’ora “l’imprevedibilità” di determinate patologie rappresenta una minaccia. Questo alimenta lo stato ansiogeno dell’uomo che spesso sfocia nell’ipocondria. In effetti, la sfera della salute gira di movimento proprio di cui è ignota la direzione, di conseguenza la risposta dell’uomo risulta essere più che giustificabile: si parla di un qualcosa che non è possibile controllare.
La predisposizione può dirci qualcosa?
Spesso si sente parlare di un certo fattore di “predisposizione”, ma pochi ne conoscono il significato concreto. Capire come funziona il nostro corpo, anche a livello genetico e molecolare, può aiutare a fare chiarezza ed è risaputo che la conoscenza può dominare la paura o, in qualche modo, affievolirla. “Predisposizione” significa semplicemente “tendenza”, “inclinazione” ed in medicina rappresenta l’aumentata suscettibilità di un organismo che lo porta ad ammalarsi più facilmente.
Famigliarità ed ereditarietà
In merito a cui, occorre fare una prima distinzione tra famigliarità ed ereditarietà di una malattia. Per quanto riguarda la prima, esistono alcuni geni di “suscettibilità” che spiegano il concetto di famigliarità comune a molte malattie. Questo riguarda la probabilità di molti di noi di sviluppare malattie di cui si sono ammalati genitori o nonni. In tal caso non si eredita la causa ma il rischio. Si parla di causa in riferimento alle malattie ereditarie che comportano una vera e propria mutazione a livello cromosomico.
Quindi, può anche solo una causa provocare una malattia? Quanto influisce il fattore ereditario o la famigliarità? Quanto è importante la prevenzione nel momento in cui siamo geneticamente predisposti?
E’ possibile associare la malattia ad una sola causa nel caso delle malattie monofattoriali (come quelle ereditarie ad esempio la fibrosi cistica), ma questo riguarda solo una parte dei casi. La maggior parte di questi è dovuto a cause “coadiuvanti” per cui determinante è necessario ma non sufficiente. Il questo caso di tratta di malattie multifattoriali e l’insorgenza di una malattia è dovuta dall’interazione estremamente complessa di fattori interni ed esterni dell’organismo (come l’età, il sesso, livelli ormonali ecc.)
Facciamo un esempio pratico: la trombofilia è una malattia che comporta una maggiore coagulazione del sangue con conseguente trombosi. Il maggior fattore di rischio è una mutazione del Fattore V di Leiden. Non è detto che la malattia si manifesti, ma essendo avvenuta una mutazione a livello del genoma, la probabilità è aumentata se associata ad altri elementi di rischio.
E nel caso dei tumori? Secondo alcuni pareri, il fattore determinante non è né necessario né sufficiente. Il cancro è una malattia subdola: ciò che si eredita è in realtà “un “background genetico favorevole all’insorgenza della malattia”. La neoplasia è il risultato di una combinazione di fattori genetici e ambientali. Infatti, i tumori con fattori di rischio ereditari, in cui la mutazione è già presente alla nascita, rappresentano il 5-10 per cento di tutte le neoplasie, mentre la maggior parte dei tumori sono invece sporadici, dovuti a mutazioni acquisite nel corso della vita.
Ma è possibile quindi acquisire mutazioni nel corso della vita? Ce lo spiega l’epigenetica, una branca della biologia.
Cos’è l’epigenetica
“Siamo abituati a pensare che il DNA nelle nostre cellule determini chi siamo e che sia finita lì, che cioè l’informazione genetica sia statica e immutabile. Ma questo è vero solo in parte, perché la sequenza dei nostri geni non corrisponde alla totalità di quello che il nostro corpo manifesta. È qui che entra in campo l’epigenetica, con lo studio dei meccanismi di regolazione del DNA, che risulta essere una struttura plastica e adattabile.”
L’epigenetica infatti si occupa dei cambiamenti che influenzano il fenotipo (manifestazione dei caratteri, vedi immagine A) senza alterare il genotipo: studia le modificazioni ereditabili che variano l’espressione genica, ma senza alterare la sequenza del DNA.
Ma dove vogliamo arrivare? Tutte queste modificazioni genetiche sono regolate da fattori esterni, quali l’ambiente, lo stress, l’alimentazione e tanti altri, che a loro volta, sono per la maggior parte regolati dalla volontà dell’uomo. Siamo noi a scegliere come e dove vivere.
“Biomedicalue.it” scrive addirittura: “Molte cose che facciamo prima del concepimento hanno un impatto sullo sviluppo futuro del bambino: dall’età dei genitori, alla cattiva alimentazione, all’obesità, al fumo e a molti altri fattori; tutti fattori che influenzano i segnali ambientali trasmessi l’embrione”.
In conclusione è scientificamente provato che, nonostante il fattore predisposizione, è possibile realmente influire positivamente sulla nostra salute, adottando un certo stile di vita che, come da sopra citato, ha addirittura la possibilità di influire sulla progenie. Perchè, in fin dei conti, sicuramente e più di quanto crediamo, per il nostro organismo nessuno sforzo è vano.
Claudia Coccia
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Complimenti per l’articolo, molto interessante.