PREGIUDIZIO: dal latino “praeiudicium, der. di iudicium “giudizio”, col pref. prae- “pre-” designa una “opinione concepita sulla base di convinzioni personali e generali, senza conoscenza diretta.”
Nella nostra vita questo termine ci accompagna spesso, forgia la nostra personalità, ci predispone naturalmente verso qualcosa o qualcuno, ci allontana dalla totalità del mondo.
Il pregiudizio è un giudizio a priori… già! Domanda spontanea allora sarà: ” da dove nasce?”
Non può essere una sorta di “catalogo delle idee” che ci è stato conferito ancora prima di nascere, altrimenti avremmo tutti gli stessi pregiudizi esattamente come tutti abbiamo due occhi, due braccia e due gambe.
È un qualcosa che ci viene impartito allora, come delle note sul pentagramma da seguire per realizzare un’ ottima musica. Sì, forse è proprio così!
Ma a questo punto sorge un altro quesito: ” chi stabilisce ciò che è giusto o sbagliato per noi?”.
Troppo facile dare il merito al retorico “senso comune”, giacché questo è patrimonio della collettività che siamo noi umani a costruire e definire.
Insomma, i conti non tornano; questo pregiudizio non si capisce da dove provenga.
Fatto sta che regola la nostra vita, nel bene e nel male.
Quante volte diffidiamo dal conoscere una persona perché magari non ci piace il suo aspetto?
Quante volte al solo nominare di una canzone ci rifiutiamo di ascoltarla perché magari non ci suona bene il titolo?
Sono cose che capitano a tutti, credo.
Forse per capire da dove nasce il pregiudizio dobbiamo rifarci ad un filosofo, Baruck Spinoza, il quale definiva il pregiudizio come “il condizionamento che la quotidiana esperienza sensibile esercita sulle menti umane ostacolando
il puro ragionamento.”
Nel dibattito entrò in scena anche un filosofo- scienziato, Francis Bacon, che parlava di “presunzione di comprendere la natura senza prima osservarla.”
Sarebbe dunque, facendo una crasi di questi due pensieri, la nostra ottusità e la nostra presunzione a generare il pregiudizio. Quasi si trattasse di una diretta conseguenza di nostri difetti. Ergo, il pregiudizio è un difetto.
Venendo alla praticità, all’esperienza, mi rifaccio ad un avvenimento cui ho preso parte pochi giorni fa.
Il gruppo musicale dei Maneskin, neo- vincitori del Festival di Sanremo, hanno organizzato una conferenza stampa per presentare il loro nuovo album ” Teatro d’ira, volume 1″.
Nella fattispecie il pregiudizio c’entra, eccome.
Non ho problemi a manifestare la mia diffidenza iniziale verso questi quattro ragazzi, vuoi per il modo di porsi, vuoi per le canzoni che al mio orecchio poco attento apparivano vuote.
Insomma, io ero pieno di pregiudizi verso i Maneskin, almeno fino all’altro giorno quando il contatto diretto, seppur virtuale, con loro ha sfaldato le mie errate convinzioni.
Ai miei occhi si sono palesati i quattro ragazzi che dalle strade romane hanno raggiunto i palchi più importanti della musica. Ragazzi veri, diretti, che hanno creduto in un sogno e lo stanno realizzando mantenendo la propria identità.
Ognuno completa gli altri ed è indispensabile nella sua unicità.
Ironici, arguti ed intelligenti: questi sono i Maneskin per me oggi.
Ero come imprigionato nella “caverna” platoniana, finché sono uscito e si è palesata davanti a me una sfumatura di questo meraviglioso mondo che abitiamo.
Sul finale ho avuto anche la gratificazione di veder porgere ai vincitori del Festival una mia domanda che è completamente diversa da quella che preventivamente avevo pensato di rivolgere.
Ho conosciuto la ” rivoluzione ” che altro non è se non l’essere semplicemente se stessi”.
” Hai centrato il punto”, mi hanno detto in coro i ragazzi.
Mi sono sentito rinnovato, più libero. Un peso l’avevo tolto dal mio animo. Avevo eliminato un mio pregiudizio. E quando si fa questo, credetemi, ci si sente molto meglio.
Ringrazio Victoria, Damiano, Thomas ed Ethan per avermi fatto sentire un uomo migliore, loro che mi hanno insegnato a non vedere davanti a me muri da alzare, ma solo finestre da aprire.
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