Nel cuore pulsante del centro storico di Napoli, là dove l’arte presepiale ha trovato casa da secoli, una protesta silenziosa ma determinata prende forma tra pastori in terracotta e botteghe secolari.
A San Gregorio Armeno, la celebre via dei presepi, l’identità artigiana della città alza la voce contro l’immagine distorta che le viene cucita addosso da certa narrazione televisiva.
Non è solo una questione di estetica, ma di dignità culturale e di difesa del proprio territorio.
La nuova produzione di Gomorra e le ripercussioni su Napoli
L’ultima miccia accesa è stata l’avvio delle riprese di Gomorra: le origini, prequel della popolare serie tv che ha raccontato al mondo, con tinte fosche, le dinamiche della criminalità organizzata napoletana. Una produzione internazionale, diretta da Marco D’Amore e ispirata all’universo narrativo di Roberto Saviano, che ha già preso possesso di set nei quartieri orientali della città — San Giovanni a Teduccio, Barra, Portici — ma che fa tremare anche le zone più centrali. In particolare, quelle dove l’arte e l’identità culturale resistono con fatica, ma con orgoglio.
E così, come era già avvenuto nei Quartieri Spagnoli, anche a San Gregorio Armeno sono comparsi striscioni e cartelli. Uno su tutti, esposto all’ingresso della strada, recita: «Gomorra Napolesi in tv. Napoli dell’arte non vi sopporta più». Un messaggio netto, che non lascia spazio ad ambiguità.
Non è un caso, infatti, che la protesta di San Gregorio Armeno trovi eco e alleanza nei Quartieri Spagnoli, un altro pezzo di città spesso raccontato come terra di criminalità ma che oggi rivendica la sua identità culturale. Da qui nasce un “patto simbolico e concreto” tra due anime di Napoli che non vogliono essere più rappresentate da pistole e faide, ma da botteghe, vicoli, laboratori, musica, danza, fede, storia.
L’associazione Le Botteghe di San Gregorio Armeno si schiera contro gli stereotipi
Dietro questa mobilitazione non c’è solo il rifiuto verso una fiction televisiva, ma una più ampia richiesta di riconoscimento e valorizzazione di un patrimonio culturale autentico. A questo proposito, prende forma l’idea — sostenuta dalle Università di Napoli e Torino, sostenuta dalla Compagnia di San Paolo di Torino — di istituire un marchio collettivo “San Gregorio Armeno”, con l’obiettivo di tutelare e promuovere i manufatti presepiali come eccellenza artigiana.
Una sorta di “denominazione di origine” del presepe napoletano, che possa fungere da volano economico e culturale per il quartiere.
Il futuro di San Gregorio Armeno e la lotta contro gli stereotipi
La sfida di San Gregorio Armeno non si ferma alla protesta contro le riprese televisive, ma punta a un futuro in cui l’arte presepiale napoletana venga riconosciuta e tutelata come un patrimonio di valore universale. Con l’istituzione del marchio “San Gregorio Armeno” e il sostegno alle iniziative culturali locali, i commercianti e gli artigiani della zona sperano di contrastare l’immagine di una Napoli violenta e di promuovere una città che ha molto da offrire al mondo.
La rivolta è solo l’ultimo capitolo di una lotta per la riconquista dell’identità culturale di Napoli.
Mentre le produzioni televisive continuano a raccontare la città attraverso storie di sangue e violenza, i napoletani vogliono difendere la loro storia fatta di arte, accoglienza e ingegno. È un richiamo a tutti noi, non solo ai napoletani, ma a chiunque guardi la città attraverso il piccolo schermo o legga delle sue storie. Napoli è una città complessa, ricca di contraddizioni, ma soprattutto di bellezza e di creatività.
La lotta degli artigiani di San Gregorio Armeno, contro un’immagine monolitica e riduttiva, è la lotta per la dignità di una città che merita di essere raccontata nella sua interezza.
Napoli non è Gomorra, e San Gregorio Armeno è il simbolo di una città che vuole essere conosciuta per la sua bellezza e creatività, non per i suoi stereotipi.
Napoli è cultura, arte, storia e tanta bellezza.
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