Nonostante possa essere un grandissimo momento di gioia, la nascita di un bambino in alcuni casi puo’ comportare delle vere e proprie difficoltà. I nati prima della 37° esima settimana possono avere problemi nel mantenere una temperatura corporea adeguata per cui necessitano di un ambiente controllato per favorire la loro crescita e sopravvivenza.
In questo contesto, le culle termiche rappresentano una tecnologia fondamentale per garantirlo.
La culla termica, chiamata anche incubatrice neonatale, è un dispositivo medico progettato fornisce al nascituro un ambiente simile a quello del grembo materno, creando condizioni ideali affinché il neonato possa svilupparsi senza dispendere troppa energia, così da mantenere calore corporeo. Alcune sono anche dotate di sistemi che controllano l’umidità, il livello di ossigeno e la ventilazione, aspetti fondamentali per neonati con difficoltà respiratorie o con apparato polmonare non ancora ben sviluppato.
Il meccanismo delle incubatrici neonatali è basato su un sistema di sensori di monitoraggio della temperatura del bambino prevenendo l’ipotermia. Molte sono anche dotate di letti inclinabili, altre di aperture laterali e di un sistema che possa monitorare determinati parametri.
Le culle termiche hanno rappresentato una grande rivoluzione, permettendo la sopravvivenza di migliaia di neonati prematuri, abbassando i tassi di mortalità. Oltre al supporto medico permettono anche di mantenere il legame tra il nascituro ed i genitori, essenziale per il benessere del bambino, garantendo un equilibrio tra assistenza medica e tecnologica e supporto emotivo al bambino e alla famiglia.
Attualmente in Italia ci sono circa 60 culle per la vita, collocate in ospedale parrocchie e associazioni, in luoghi che garantiscano una certa privacy alle famiglie.
Tra questi luoghi vi è anche la Chiesa di San Giovanni Battista a Bari.
La parrocchia possedeva una culla termica, la quale dava una possibilità di sopravvivenza a quei bambini nati da famiglie sbagliate o in difficoltà.
Eppure, il 2 gennaio 2025 è stato ritrovato un neonato senza vita.
Le indagini preliminari indicano che il decesso sia avvenuto per ipotermia, a causa di un mancato funzionamento del sistema di allarme che avrebbe dovuto avvisare il parrocco della presenza del bambino. E’ probabile che la porta della stanza non sia stata chiusa correttamente nel momento dell’abbandono, impedendo l’attivazione dell’allarme.
Al di là delle indagini che saranno state svolte successivamente, ciò che emerge è un senso di rammarico di non poco conto.
La domanda sorge spontanea: è davvero opportuno garantire la disponibilità di dispositivi complessi, come le culle termiche, in luoghi che non siano ospedali o strutture sanitarie professionalizzate, che possano dare una vera e propria assistenza e attenzione anche alle famiglie?
Inoltre, questa disseminazione delle culle termiche fornisce alle famiglie in difficoltà la possibilità abbandonare in anonimo il nascituro, ma fino a che punto occorre incrementare questo fenomeno? In questo modo, oltre a diventare un sistema di salvataggio, non potrebbe diventate una scorcitoia per quelle famiglie insensatamente pro-vita ma con serie difficoltà economiche e non?
Non sarebbe meglio disseminare un concetto che prevede la libertà e possibilità di interruzione della gravidanza, qualora non ci sia la possibilità di sostenere la nascita di un bambino e si abbia l’intenzione abbandonarlo?
Claudia Coccia
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