Emanuele Tufano, Santi Romano e Arcangelo Correra. Sono le ultime vittime ad essere state uccise nel napoletano per mano di alcuni coetanei. Tutti a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro. La loro morte non è solo un fatto di cronaca, ma rappresenta un grido d’allarme che squarcia il velo sul problema sempre più pressante della criminalità giovanile a Napoli.
Le vicende di Emanuele, Santi e Arcangelo: storie di una tragedia annunciata
La morte di Emanuele Tufano, Santi Romano e Arcangelo Correra non è un evento isolato, ma il risultato di un concatenarsi di circostanze e scelte che li hanno portati verso un tragico destino. Le indagini stanno ricostruendo le ultime ore delle loro vite, dipingendo un quadro complesso che mescola difficoltà personali, influenze ambientali e la presenza di una criminalità che stritola le giovani generazioni.
Emanuele Tufano, appena 15 anni, è stato ucciso nei pressi di Corso Umberto durante uno scontro tra gruppi di giovani che, secondo le ricostruzioni, avrebbero legami con bande locali. L’adolescente, rimasto coinvolto in una dinamica di rivalità tra “paranze” – le piccole gang criminali della città – è stato colpito da un proiettile in una notte di violenza insensata. La sua morte sottolinea la pericolosità della crescente presenza di armi tra i giovani e l’incapacità di arginare la diffusione di tali conflitti.
Santi Romano, 19 anni, era un giovane con una grande passione per il calcio, descritto dai suoi amici come un ragazzo sereno e dedito allo sport. La sua morte è il risultato di un alterco banale a San Sebastiano al Vesuvio: secondo le indagini, una scarpa calpestata ha scatenato una discussione culminata in una tragedia. Il ragazzo è stato colpito al petto da un 17enne che, subito dopo, ha confessato il delitto. Ennesimo episodio che dimostra quanto facilmente il conflitto quotidiano possa degenerare in violenza letale.
Arcangelo Correra, 18 anni, è morto nel centro storico di Napoli, colpito da un proiettile alla testa all’alba del 9 novembre. Le prime indagini suggeriscono che la sua morte possa essere stata causata accidentalmente da un’arma da fuoco maneggiata da un conoscente durante un momento di gioco irresponsabile. Incensurato, Arcangelo non aveva legami diretti con ambienti criminali, ma il suo destino è stato segnato dalla diffusione di comportamenti rischiosi tra i giovani. Il suo caso ha attirato l’attenzione anche per il legame familiare con Luigi Caiafa, un ragazzo ucciso nel 2020 durante una rapina, un dettaglio che testimonia come il peso di certi contesti possa influenzare intere famiglie.
La criminalità giovanile: una piaga sociale
Napoli non è nuova a storie di giovani vite spezzate dalla violenza. La città vive da decenni il peso di un fenomeno radicato, che non riguarda solo le storiche faide di camorra, ma anche una criminalità giovanile sempre più pervasiva. Ragazzi ancora adolescenti finiscono attratti da una vita fatta di denaro facile e potere apparente, una seduzione che spesso li conduce a un destino tragico.
Secondo i dati più recenti, negli ultimi cinque anni è aumentato il coinvolgimento dei minori in reati come spaccio, estorsioni e furti. Il comando di Napoli, nel periodo intercorrente da gennaio a settembre, ha sequestrato 206 armi da fuoco, 51 in più rispetto allo stesso periodo nell’anno 2023. L’età media dei giovani coinvolti si è abbassata, segno che il problema richiede interventi urgenti e strutturati. Basti pensare che la Campania registra un tasso di abbandono scolastico maggiore rispetto alla media nazionale.
Reazioni e riflessioni
La vicenda di Emanuele, Santi e Arcangelo ha suscitato un’ondata di indignazione e dolore in tutta Italia. Le istituzioni locali e nazionali si sono espresse con fermezza. Il sindaco di Napoli ha dichiarato: “Non possiamo più tollerare che i nostri giovani siano vittime di un sistema che li priva di speranza. Serve un piano straordinario per ridare futuro a questa città.”
Anche il mondo della società civile si è mobilitato. Associazioni come Libera hanno organizzato fiaccolate e incontri per sensibilizzare l’opinione pubblica. “Questi ragazzi non devono diventare solo un numero in una lunga lista di vittime,” ha detto Don Luigi Ciotti.
Cosa fare? Un appello per il futuro
La morte di Emanuele, Santi e Arcangelo non deve cadere nell’oblio. Napoli, città di straordinarie bellezze e contraddizioni, merita di più. È tempo di un impegno collettivo, che coinvolga istituzioni, famiglie e cittadini, per costruire una comunità dove nessun giovane debba più vedere la sua vita stroncata dalla violenza.
“Non dimentichiamoli,” è il messaggio che risuona dai cortei e dalle piazze. Un monito per un futuro in cui Napoli non sia più terra di tragedie, ma di rinascita e speranza.
Chiara Vitone
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