Sotto lo pseudonimo di Elena Ferrante, un’autrice italiana si guadagna il primato nella classifica dei libri migliori scritti in quest’ultimo quarto di secolo, a detta il rinomatissimo New York Times.
Secondo la classifica stilata dal giornale più letto in America, il libro della Ferrante è da considerarsi ottimale, non solo per “lo stile grintoso e snervante”, soprattutto per la trama verace, presentata nella schiettezza di una Napoli buia, problematica, bieca e truculenta, così lontana dal panorama elitario e altolocato si piedi del Vesuvio.
Nelle case popolari di un rione periferico di Napoli: Luzzatti, la Ferrante dipinge la vita di due bambine (che diventeranno poi delle donne nei seguenti romanzi della saga), legate da un legame viscerale, il cui destino inizialmente promettente per entrambe, impregnerà di amarezza le vite delle due. La timidezza e la diligenza di Lenù in contrapposizione alla tenacia e il fascino di Lila, danno vita ad una storia di affermazione personale, realizzazione, diritti, doveri, sprazzi di cultura e possibilità negate, ruoli, emancipazione e denuncia sociale verso un’epoca che ha tanto da negare a due donne vogliose di spiccare.
Avvincente e temeraria la presunta autobiografia della scrittrice, paragonata ad una passeggiata in bici sulla ghiaia, ha regalato all’Italia un meritatissimo premio.
Ancora una volta, la denuncia sociale permette di cavalcare l’onda della consapevolezza, all’insegna di una scoperta coscienziosa.
Cristina Mongelluzzi
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