Dopo 20 anni di attività nel cuore di Napoli, chiude definitivamente una storica palestra di pugilato, dove si allenavano ragazzi sottratti alla criminalità.
Lino Silvestri ha fatto questo della sua palestra Napoliboxe, tra i vicoli di Montesanto: togliere i ragazzi dalla strada, sottraendoli alla criminalità e avvicinandoli allo sport, insegnando loro tecnica e disciplina.
In esecuzione di un’ordinanza del Comune, proprietario dell’immobile, lo sgombero è stato effettuato dalla polizia municipale e dai vigili del fuoco pochi giorni fa. Una seconda casa per centinaia di ragazzi che al civico 10 di vico Sottomonte ai Ventaglieri avevano la possibilità di coltivare il loro talento nel pugilato.
“La nostra storia – spiega il boxeur – è iniziata nel 2001 quando abbiamo partecipato al bando che ci ha assegnato la palestra. Da allora abbiamo un affitto di 500 euro al mese che abbiamo sempre pagato, impegnandoci con i nostri fondi per dare un contributo di formazione ai ragazzi dei vicoli del centro”.
Aumento del canone
È lo stesso Silvestri a chiarire in maniera semplice ed incisiva la causa di tale sfratto.
La palestra è stata chiusa dato che ora il debito è salito in maniera netta. Il Comune, infatti, ha rimodulato il canone iniziale di 500 euro in modo retroattivo dal primo giorno di inizio attività.
“E’ una follia” racconta. “Era un rudere questo luogo, abbiamo messo tutto a posto e oggi ci troviamo con due milioni di debito, con un affitto ora a 10.800 euro al mese. Per questo abbiamo lo sgombero“.
E infine continua: “Ho sempre pagato quanto previsto dal contratto che siglammo più di 23 anni fa”.
Un presidio di legalità
La palestra negli anni ha rappresentato un presidio di legalità, con il riconoscimento dei sindaci e premi da altri enti.
Qui si allenano tanti ragazzi, anche gratis “Uno su dieci può pagarsi la retta”. Molti vengono inviati dalla municipalità. Altri sono minorenni “complicati”, alcuni dei quali diventano anche dei campioni. “Qui senza di noi solo armi e droga. È bene che il sindaco sappia”.
Il caso dell’attività gestita dalla famiglia Silvestri è soltanto l’ultimo esempio negativo che testimonia la precarietà degli impianti sportivi napoletani. Ma iniziative come queste andrebbero supportate, dalla collettività e dalle istituzioni e non essere soggette alle regole delle comuni imprese commerciali. Chi aiuta i minori emarginati ed esclusi, i poveri, gli ultimi andrebbe messo nelle condizioni finanziarie per farlo, e non costretto a rinunciare per mancanze di fondi o sostegno.
Nella lista delle palestre da sgomberare risulta anche Gianni Maddaloni a Scampia, che aiuta centinaia di giovani, ma ora si ritrova con un fitto arretrato di 385mila euro.
Tantissime, infatti, sono le segnalazioni da parte di genitori disperati che non riescono a far praticare sport ai propri figli a causa di contenziosi legati alle concessioni agli assegnatari.
Manfredi convoca un tavolo di conciliazione per individuare possibili soluzioni
L’Aidacon, l’associazione consumatori, prendendo spunto dalla storia della palestra di boxe di Silvestri, ha deciso di avviare un’azione nei confronti del Comune di Napoli, inviando una lettera di diffida ad adempiere al sindaco, all’assessore allo sport del Comune, al presidente della regione Campania.
Ma non si è fatta attendere la risposta del Comune che “si dichiara pronto a trovare insieme possibili soluzioni”.
Il sindaco Gaetano Manfredi ha convocato un tavolo apposito per monitorare le singole vicende di sgomberi e individuare le possibili soluzioni di conciliazione che rispondano agli obblighi di legge per l’Amministrazione comunale e che salvaguardino le attività sociali svolte sui singoli territori a favore di giovani e fasce deboli.
Si auspica così di poter continuare la missione dello sport nel cuore di Napoli, coniugando impegno sociale con le esigenze del Comune di far fruttare il proprio patrimonio edilizio.
Chiunque strappi anche solo un minore alla mafia rappresenta giustizia sociale che tutti noi pretendiamo.
Chiara Vitone
One response
Sfrattare le attività ludiche, sportive, sociali e culturali, significa ghettizzare l’anima del territorio, che trovano in queste strutture forme di orientamento per un futuro sano, lontano da uno stile di vita che arricchisce solo le organizzazioni malavitose. Napoli ed i napoletani sapranno reagire, riusciranno a trovare soluzioni adeguate per continuare la missione. Insomma, a costo di “arrangiarsi”, forse hanno dimenticato che quest’arte è nata a Napoli, e non sarà ne la burocrazia, ne tantomeno la malavita a farla morire.