Sempre più Paesi nel mondo stanno garantendo più diritti alla comunità transgender, anteponendo alle procedure per il riconoscimento di genere l’autonomia individuale.
La “Ley Trans” spagnola concede la possibilità di autodeterminare la propria identità di genere a partire dai 16 anni
Le ultime settimane sono state decisive per i diritti delle persone transgender in alcuni Paesi europei. In Spagna, in particolare, il Parlamento ha dato il via libera alla cosiddetta “Legge Trans” che contempla il diritto alla libera “autodeterminazione di genere” per tutte le persone dai 16 anni in su.
Sarà possibile, infatti, richiedere la modifica del proprio sesso all’anagrafe, senza alcuna autorizzazione giudiziaria o medica. L’approvazione giudiziaria sarà necessaria solo per le persone dai 12 ai 14 anni, tra i 14 e i 16 anni servirà invece il consenso dei genitori.
Inoltre, tale legge include l’accesso a tecniche di riproduzione assistita, ad una educazione sessuale più ampia e al riconoscimento genitoriale per le coppie dello stesso sesso non sposate. Infine, proibisce le terapie di conversione e mette in atto misure contro l’omofobia nei settori della salute, dell’istruzione e dell’occupazione.
Un grande passo avanti, che comprende più tutele e più libertà per la comunità LGBT+.
A tal proposito, la ministra delle Pari Opportunità Irene Montero, che aveva promosso la legge, ha commentato la vittoria evidenziando come “le persone transgender non sono malate, sono persone, punto (…) da oggi lo Stato riconosce questo”.
E in Italia?
Finora in Spagna, prima dell’approvazione in Parlamento, per cambiare la propria identità di genere sul documento d’identità erano necessari almeno due anni di trattamento ormonale per poter cambiare alcune caratteristiche fisiche, in modo da avvicinarle al genere in cui ci si identificava, e una diagnosi medica o psicologica che attestasse la disforia di genere.
Questo è quanto previsto, ancora, dall’ordinamento italiano.
Secondo le statistiche, i diritti delle persone LGBT+ in Italia sono meno tutelati rispetto agli altri Paesi dell’Europa occidentale, dovendo affrontare numerosi ostacoli dal punto di vista legale.
Nel nostro Paese il disegno di legge ha visto un lungo iter che ha portato ad una soluzione di compromesso, che è la legge 14 aprile 1982 n. 164, ancora oggi in vigore. Una norma obsoleta e ambigua perché si presta a diverse interpretazioni. In origine prevedeva l’accertamento psicologico della disforia di genere, il percorso di TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva), l’intervento di riassegnazione chirurgica del sesso e, solo alla fine, la possibilità del cambio anagrafico. Tutto ciò nell’ottica di un rigido binarismo di genere.
Solo in anni recenti qualcosa si è mosso: le sentenze della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale del 2015 hanno concesso la rettifica all’anagrafe anche in assenza dell’intervento di chirurgia. Ma non basta perché ciò che ruota intorno al nome elettivo, ai documenti, all’identità di una persona e al riconoscimento di essa risulta di estrema importanza, potendo influenzare gran parte della sua vita.
In Finlandia
Proseguono gli enormi progressi in materia di diritti: lo scorso febbraio, il Parlamento finlandese, con 113 voti a favore e 69 contrari, ha approvato la legge che abolisce i requisiti della sterilizzazione e di una diagnosi psichiatrica affinché le persone transgender possano ottenere il riconoscimento giuridico del loro genere. La legislazione precedente, in contrasto con la Convenzione europea dei diritti umani, prevedeva infatti che una persona dovesse fornire prova della sua infertilità.
Il voto è giunto al culmine di una campagna durata oltre un decennio. Ciò ha soddisfatto la premier Sanna Marin, che ha definito la nuova legge una priorità per il suo governo.
In base al nuovo testo, il riconoscimento del genere verrà garantito a seguito di richiesta scritta e dopo un “periodo di riflessione” obbligatorio di un mese.
La situazione in Bulgaria: diritti transgender praticamente inesistenti
Quest’aria pioneristica, tuttavia, non è giunta in Bulgaria. Lo scorso lunedì 20 febbraio, una sentenza della Corte di Cassazione di Sofia ha stabilito che le persone transgender non potranno più cambiare genere nei documenti, nemmeno a seguito di un’operazione chirurgica.
Finora, la legge a riguardo non prevedeva espressamente la possibilità di modificare il sesso sui documenti ufficiali, ma non vi era neppure un divieto esplicito. Se prima, in qualche caso specifico, le persone transgender in Bulgaria venivano riconosciute dopo aver concluso un percorso di transizione e potevano cambiare documenti dopo una riassegnazione chirurgica, adesso tutto ciò non sarà più possibile.
Adesso, con tale decisione sono introdotti dei paletti ben precisi:
“La costituzione e la legislazione bulgara sono state fondate sull’esistenza binaria della specie umana” si legge. “Il cambio legale del genere non è in contraddizione con l’esistenza binaria della specie umana, in quanto non fa riferimento ad un terzo genere”.
Numerosi attivisti hanno protestato per le strade di Sofia per far sentire la voce di chi verrà direttamente influenzato da questa decisione, perché vietare il cambio legale di genere significa esporre le persone transgender a discriminazioni, intimidazioni e violenze tutte le volte che usano i documenti di identità nel quotidiano.
Chiara Vitone
One response
E in Italia? Con questo governo nessun passo avanti sarà fatto. Le diversità non appartengono al loro credo politico, i fatti parlano per essi e continueranno a parlare.