Categories:

Quando non è più il naso a far da protagonista

Quando

Shakespeare in love

incontra

Moulin Rouge”

La trama la conosciamo tutti, anche se solo per sentito dire: lo spavaldo ed eloquente Cyrano de Bergerac, soldato dell’esercito francese, famoso sia per le sue doti oratorie sia per il suo coraggio in battaglia, che per l’insicurezza dovuta ad una sua presunta “mancanza” fisica (il proverbiale nasone che lo ha reso celebre nell’immaginario collettivo) non riesce a dichiarare il suo amore per la tanto adorata Rossana, rincorrendo così non solo a sotterfugi e stratagemmi, ma anche all’ingenuità del compagno d’armi Cristiano, pur di esprimere in qualche modo la forza dei suoi sentimenti alla sua bella.

Girato interamente in Sicilia, per la regia di Joe Wright, figlio di burattinai, come lui stesso ha voluto sottolineare più e più volte volte, anche in questa ultima sua creazione (commovente e impregnata di una vena nostalgica è proprio l’inquadratura iniziale del film, dove ad aprire la narrazione è proprio l’immagine di due burattini in attesa di esibirsi), tra la cittadina barocca di Noto, alcuni palazzi di Catania e i crateri dell’Etna, questa singolare versione dell’opera (uscita nelle grandi sale nel marzo del 2022 e a sua volta tratta dall’omonimo musical di Erica Schmidt) però va oltre, regalando al protagonista (il superbo Peter Dinklage, la cui bravura abbiamo già potuto ammirare nei panni del “folletto” Tyrion Lannister nella serie fantasy Il trono di spade) quell’alone di umanità che nelle altre trasposizioni, sia teatrali che cinematografiche, non emerge.

E non si può dire che trasposizioni l’opera non ne abbia avute.

Nato dalla penna di Edmond Rostand nel 1897 (che si basò su una figura storica realmente esistita ) il celebre personaggio è stato portato in scena innumerevoli volte sia a teatro che al cinema ( le versioni più celebri rimangono quelle con Steve Martin e Gèrard Depardieu).

Tante ed variegate versioni, che però non hanno saputo regalare quel “qualcosa in più” al suo protagonista, quel qualcosa in grado di renderlo vero, umano, sia nei riguardi del suo “difetto” fisico, sia nei confronti di quell’amore che lo consuma dal profondo.

Ed è proprio in questo che Dinklage è riuscito così egregiamente, regalando al suo Cyrano quel tormento, quel patos, che sembra quasi sgorgare fuori dal grande schermo per toccare il cuore degli spettatori, che si immedesimano così in lui e nelle sue sofferenze, sia fisiche che spirituali, non tanto per l’empatia suscitata dal suo evidente nanismo, quanto per l’intensità dell’espressione del suo sguardo, così smarrito, consapevole e sofferente.

Incantevoli come dicevamo in precedenza non solo le tante e varie ambientazioni siciliane, dalla barocca Noto alle pendici innevate dell’Etna, che si sposano perfettamente con le atmosfere settecentesche del romanzo francese da cui l’opera prende vita, ma anche le musiche tutte opera del gruppo musicale americano The National, che regala alla narrazione sonorità pop.

Degni di plauso anche i bellissimi costumi (candidati non a caso all’Oscar) realizzati da Massimo Cantini Parrini e Jacqueline Durrran e le interpretazioni degli altri due attori protagonisti, Haley Bennet e Kelvin Harrison Jr., che hanno ripreso i ruoli interpretati in precedenza nella commedia musicale.

Tutti questi elementi che si incastrano e miscelano così alla perfezione tra loro rendono il Cyrano di Wright un’opera incantevole, romantica, a tratti elegantemente barocca e nostalgica, capace di toccare le corde più profonde dell’animo dello spettatore, non solo per la bellezza della fotografia e dell’incalzante ritmo narrativo, ma anche (e forse soprattutto!) per il messaggio che si vuole trasmettere:

la bellezza fisica è fugace, quella interiore rimane ed è capace di cancellare qualsiasi difetto.

Federica Leonardi

Comments are closed