“Il dialetto è una lingua più umile ed è parlata dai paesani. La lingua italiana è una lingua più o meno nobile ed è parlata soprattutto nelle grandi città”;
“La lingua italiana viene parlata da maestre o persone di alto loquo tipo il sindaco, i medici, ecc.”;
“L’ italiano è parlato specialmente dalle persone del nord perché sono più educate di quelli del sud”;
“La lingua italiana è naturalmente più corretta”;
“Chi parla il dialetto è cattivo e delinquente”;
“Il dialetto è la lingua dei mafiosi e della mala gente”;
Queste sono solo alcune delle riflessioni di migliaia di bambini, emerse quando Giovanni Ruffino, insegnante e linguista italiano, ha posto loro il quesito.
Nel 1995, infatti, Ruffino e la sua équipe svolsero un’indagine su tutto il territorio italiano che coinvolse i bambini delle classi IV e V della scuola primaria. Dalle risposte ottenute nacque il suo libro “L’indialetto ha la faccia scura – Giudizi e pregiudizi linguistici dei bambini italiani”.
Ciò che emerge con chiarezza è il pregiudizio legato al dialetto, il fatto che questo venga visto come qualcosa di malvagio, da demolire. Certo, sono ormai passati 27 anni dalla ricerca dell’insegnante palermitano. Ma sono sicura, ahimè, che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si è trovato in accordo quanto meno con alcune delle ingenue affermazioni fatte da questi piccoli cittadini. Dunque, oggi sono qui per cercare di farvi cambiare idea (nel caso in cui non l’aveste già cambiata), partiamo subito con una panoramica più tecnica.
Al di là del pregiudizio
Innanzi tutto, dal punto di vista strutturale, non esiste alcuna differenza tra lingua italiana e dialetto (qualunque esso sia), in quanto entrambi posseggono una grammatica e delle regole, con la differenza, però, che quelle del dialetto non vengono esplicitate, mentre quelle dell’italiano sì. Allora perché se ci troviamo al lavoro, a scuola o in un negozio utilizziamo l’italiano e non il nostro amato dialetto? Semplice! La risposta sta nella sua collocazione sociale; in parole povere: una lingua, per essere considerata nazionale, deve ricevere l’accettazione da parte della popolazione, che la riterrà adatta anche nelle situazioni più formali. Non dimentichiamoci, infatti, che l’italiano deriva in realtà da un dialetto, quello fiorentino, che venendo utilizzato da diversi scrittori (come Manzoni e Dante) nelle proprie opere, iniziò ad essere considerato più prestigioso rispetto ad altri dialetti e per questo venne scelto come lingua nazionale. Un po’ come succede con le tendenze di moda; le Birkenstock, ad esempio, vengono comprate da molti non certo per la loro bellezza, ma perché hanno conquistato l’approvazione degli acquirenti. Perciò non esiste una lingua migliore di un’altra, ogni idioma merita di essere rispettato e apprezzato.
Il dialetto come fonte di ricchezza
È bene ricordare che il dialetto è importante perché è vicino alla vita quotidiana. Rappresenta la storia, la cultura, le esperienze e le tradizioni di un popolo. È la lingua degli affetti, è quel collante che ci lega alla nostra terra e alla nostra gente. Insegnarlo ai più piccoli significa donar loro una grande ricchezza che li farà sentire per sempre parte integrante del proprio territorio.
Se è vero che imparare il dialetto a scuola sarebbe controproducente perché si perderebbe quel suo lato spontaneo, fluido e genuino, è anche vero che la scuola ha il compito di favorire la sua valorizzazione attraverso la cultura dialettale; in tal senso sarebbe utile intervistare gli anziani, studiare la cultura e le tradizioni folkloriche, gastronomiche e artigiane, lasciando il suo insegnamento alla famiglia.
Inoltre, secondo un’indagine IEA e secondo una ricerca della York University di Toronto, saper parlare il dialetto, oltre alla lingua nazionale, ci rende bilingui. Questo è un bene perché la presenza di più idiomi sembra incidere positivamente sul profitto scolastico e non solo, permettendo anche il ritardo delle insorgenze di eventuali forme di demenza senile.
Dunque, il dialetto è la lingua che ci permette di esprimere le emozioni e i sentimenti più genuini perché riesce a dare nuova forma alle parole. Riesce a rendere l’idea ancor prima di ridurla in termini precisi. A volte armonizza e a volte indurisce. Il dialetto è l’espressione di un popolo, un tesoro che ci è stato regalato e che è nostro dovere custodire e tramandare.
Valeria Fasulo
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