Tu credi nelle fate?
Quante volte da bambini ci siamo sentiti porgere questa domanda? E se per caso, caro lettore, sei stato un bambino nato in Sicilia ( e più precisamente nel territorio delle Acicastello, dove Etna e mare sembrano quasi toccarsi e dove sorge un maniero dalle losche figure e storie) avrai senz’altro risposto: “sì, io ci ho creduto”.
Poi si sa, si cresce, si diventa adulti e tutto ciò che da bambini era per noi importante perde il suo reale valore…
Ma è proprio qui come dicevamo, tra questi palazzi che una volta non soffocavano la vista del mare, che sorge un piccolo boschetto, talmente incastonato tra le case circostanti da passare quasi inosservato agli occhi dei più, ma reso da una decina di anni a questa parte, fortunatamente agibile dai giovani volontari che operano sul territorio.
Giovani speranzosi e vogliosi che le tradizioni dei loro nonni non si perdano nell’oblio del tempo e della dimenticanza.
I muretti di pietra grezza ne delimitano il sentiero, che nasconde un’ulteriore sorpresa per chi è amante di escursioni: una grotta naturale di origine lavica, lunga circa 20 metri che ricorda si, lasciatemelo dire cari lettori, l’ingresso del mondo fatato della cara e più famosa cuginetta Alice. Occhio quindi ai tanti conigli birboni che potreste incontrare per questi sentieri…E soprattutto tenete in tasca gli orologi!
E’ proprio qui infatti, tra foglie secche e funghetti variopinti, che sembra quasi possibile incontrare qualche esserino fatato, tanto da essersi aggiudicato nel secondo dopoguerra il soprannome di “Sentiero delle fate”, grazie a una storia che ormai solo pochi anziani sembrano ricordare e che faticano a tramandare ai giovani nipoti o ai tanti forestieri che da anni ormai popolano quei palazzi, sordi molte volte alle storie che circolano sui luoghi da loro abitati. O forse chissà troppo indaffarati per ascoltare.
Ma noi siamo qui proprio per raccontarvela nella speranza di farla così perdurare nel tempo…
La leggenda in questione vuole che un contadino del luogo dedito alla coltivazione di un campo circostante, una notte appostatosi ansioso di cogliere in fragranza di reato, con la sua immancabile “lupara” sottobraccio, il malfattore che si impossessava delle sue fave e delle sue patate, incontrò due magnifiche donne, le quali rivelarono dopo lo spavento iniziale di essere due sorelle residenti in quello stesso sentiero che saliva su fin sopra la collina, impossibilitate ad uscire di giorno dalla gelosia del rissoso fratello e che vedevano in quelle passeggiatine notturne alla fonte dell’acqua il loro unico momento di svago.
Poteva il nostro buon contadino, ammaliato da così tanta bellezza, macchiare l’onore delle due meravigliose fanciulle incontrate? No di certo cari lettori, perché nella Sicilia di quegli anni si sa, si viveva più di reputazione che di pane.
E così si inventò la storia delle due buone fate, che la notte allietavano quei boschi con le loro risa e i loro canti e perché no, gli rubavano anche qualche fava e qualche patata.
Perchè si sa, qualche vizio umano quelle belle creature dovevano pur tenerlo, no?
E raccontò la sua storia con così tanta convinzione da far tutt’ora sognare le tante scolaresche in visita per quel sentiero, trepidanti di incontrare, se non una fata, almeno un qualche folletto.
Ma noi cari lettori, che abbiamo avuto il piacere di visitare quei luoghi, crediamo che ci sia veramente lo zampino di qualche esserino magico o comunque l’intervento di qualche strana magia che ha permesso che questo sentiero negli anni si è così ben conservato.
La magia ( o fortuna se vogliamo parlare in toni meno romantici e più veritieri ) in questione è stata proprio la dimenticanza dell’uomo moderno, così intento a ricoprire con il cemento lo spazio circostante da averlo del tutto dimenticato.
Anche se a noi piace pensare che la pianta ( posta all’ingresso e molto simile all’edera ), che in autunno si colora di rosso regalando al boschetto sfumature quasi vermiglie, ne ha nascosto la vista ai più creando così una sorta di barriera tra quel mondo e il nostro fino ad ora, periodo storico in cui forse siamo più propensi a lasciarci incantare da storie di gnomi e folletti.
E chissà se questa miracolosa pianta è stata davvero opera di qualche fata…
Federica Leonardi
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